domenica 13 settembre 2015

Pensiero Nomade- "Da nessun luogo"


Pensiero Nomade-  "Da nessun luogo" (Filibusta Records)

Pensiero Nomade arriva al quinto album, Da nessun luogo, nove tracce che appaiono come il volto nuovo di Salvo Lazzara, l’artista che, da sempre, guida il progetto.
L’uscita del disco è prevista per fine ottobre, ma ho avuto l’opportunità di ascoltarlo in anteprima e provo a sintetizzare qualche immagine che mi è rimasta dopo l’ascolto ripetuto.
Potrebbe essere il lavoro della svolta, perché esistono elementi portanti che si distaccano in maniera netta dal pregresso, ma è lo stesso Lazzara, nel corso dell’intervista a seguire, che sottolinea la possibile episodicità della proposta, data la complessità di una fase creativa che deve avere come punto terminale lo stato di equilibrio, che sia in grado di soddisfare appieno artista  e fruitore musicale: roba complicata.
Ma è anche difficile dare giudizi che rendano pieno merito a lavori così curati e di impegno come Da nessun luogo. Ritorno all’obiettività e alle diversità a cui facevo accenno precedentemente.
Musica completamente elettrica… prima novità.
Introduzione del cantato, con la presenza della voce di Michela Botti.
Avvicinamento alla forma canzone, ed è forse questo lo sforzo maggiore, perché l’adattabilità delle liriche a trame di costruzione complessa richiedono grande lavoro supplementare.
La sperimentazione musicale prosegue grazie, anche, ad un insieme di straordinari musicisti che consentono a Lazzara di fare evolvere il suo contenitore musicale.
E in questo box magico trova spazio, oltre alla contaminazione elettronica, il jazz e la ricerca di nuovi spazi ritmici; “l’idea nomade” che risiede alla base delle linee guida di Lazzara, diventa qualcosa di tangibile se si possiede la sensibilità giusta per percorrere la strada suggerita dai nostri pensieri abbinando le figure che quotidianamente ci si parano davanti, e lasciando che sia la musica a commentare e suggerire, stimolando nuove curiosità.
“Da nessun luogo” è un album che si può decisamente inserire nella sfera della musica progressiva, ammesso che sia poi così importante trovare delle catalogazioni musicali.
Gli ingredienti ci sono tutti, dalla commistione dei generi alla libertà espressiva, passando per i ritmi composti e la sperimentazione.
La progressione è poi caratterizzante della storia di Pensiero Nomade, un cambiamento continuo alla ricerca degli aspetti sonori più adatti al momento che si sta vivendo, sempre in movimento, cercando di operare azione trascinante.
Non è alta la propensione di Salvo Lazzara per la situazione live, ma vista la sua capacita di ricerca dei sentieri da esplorare, non è escluso un mutamento delle abitudine che, purtroppo, dovrebbe scontrarsi con la difficoltà odierna di trovare spazi adeguati per presentare in diretta la propria arte. Forse un set acustico potrebbe essere il giusto compromesso.

Un bel disco, un gradevole ascolto, impegnativo al primo giro di giostra, molto più morbido dopo opportuna metabolizzazione.


L’INTERVISTA

Parto dal passato, da quei due dischi tuoi che ho avuto modo di apprezzare, “Materia e Memoria” e “Imperfetta Solitudine”, e noto che la cadenza di rilascio, pensando all’imminente uscita di “Da nessun luogo”, è precisa, due anni: è questo il tempo corretto che ti permette di elaborare un nuovo progetto?

Bella domanda: i tempi di elaborazione così cadenzati sono il frutto di una casualità e di alcune routine per me abbastanza consolidate. C’è da dire che i materiali alla base di ciascun CD, fino a questo in uscita, erano grosso modo tutti presenti, in forma abbozzata, più o meno in contemporanea con l’uscita del precedente lavoro. Capitava cioè di avere delle idee consolidate di un qualche cosa (che poi sarebbe stato il lavoro successivo) più o meno nel periodo in cui il lavoro precedente veniva rilasciato. Si trattava poi di capire quale direzione definitiva far prendere alle tracce, quale gruppo di lavoro le avrebbe espresse al meglio. Da quel momento, il tutto si traduceva nel gestire i tempi delle registrazioni, dell’editing, del mix, del Mastering, e questo, devo dire, per me ha quasi sempre significato un anno di lavoro ulteriore, al netto della ricerca dell’etichetta con cui produrre, cosa non del tutto scontata.

La prima cosa che risulta evidente col nuovo lavoro è l’utilizzo del cantato: è questa una evoluzione dei tuoi progetti o trattasi di momento contingente, magari episodico?

La maggior parte delle tracce di questo CD sono state pensate proprio come delle canzoni, più o meno dilatate. C’erano dei testi che facevano parte di un mio lavoro letterario (che prima o poi vedrà la luce, spero) che si tagliavano benissimo su certe strutture e sulle atmosfere; da li è stato facile lavorare per l’integrazione delle due cose. Devo dirti che non sono del tutto sicuro di voler replicare presto l’esperienza, che pure mi ha soddisfatto del tutto, dato che la fatica del comporre si moltiplica esponenzialmente, e che non è poi così facile riuscire a non esser banali o pretenziosi.

Quali sono le grandi differenze rispetto al pregresso, dal punto di vista meramente musicale?

Mah, in questo CD c’è intanto una grossa novità, e cioè l’ingresso di Andrea Pavoni dei Greenwall nella compagine del gruppo, non solo come session man, ma come contributo essenziale in fase di composizione. In questo senso questo è, nei fatti, un lavoro che rappresenta il punto di incontro di parecchie sensibilità artistiche, per così dire, e non solo una confluenza di stili o mero interplay. Con Andrea, che ho conosciuto in maniera del tutto casuale, si è trovata un’intesa efficace e felice che spero duri nel tempo. Da un punto di vista dell’ispirazione e dell’arrangiamento, per me è stato un ritorno a certi stilemi se vogliamo tipici del progressive e del rock d’autore, c’è poco jazz rispetto al precedente lavoro, meno elettronica, meno world. Se lo dovessi accostare a un lavoro precedente, direi Materia e memoria; ed è anche il primo CD del tutto “elettrico”. Ma io sono un musicista irrequieto…

Quali invece i contenuti? Hai realizzato qualcosa di concettuale?

Diciamo che i testi nascevano da ispirazioni fra loro accostabili; c’è in fondo una matrice che li accomuna che è il senso di smarrimento, di crisi, di pericolosa leggerezza dei fondamenti della nostra vita quotidiana, contro cui combatto, personalmente, cercando sempre meno di emanciparmi attraverso derive “ascetiche”, ma di ancorarmi alla realtà delle cose e degli affetti, alla verità delle relazioni quotidiane, alla bellezza spesso involontaria del mondo intorno a me. Non è un CD che vuole invitare alla spiritualità, ma alla vita.

Hai dedicato un grande spazio al visual, e i due video tratti dall’album ne sono la testimonianza: pensi sia fatto necessario per completare il progetto o ritieni sia un buon ausilio per accompagnare la musica nella sua diffusione e condivisione?

Penso che sia essenziale per chi, come me, non ha una grossa propensione al live. E soprattutto lo ritengo necessario in un mondo che comunica sempre più per contesti in cui vincono le immagini sulle idee e le parole. Non mi nego l’evidenza di questa cosa, che certo appare come un limite a chi come me è nato in un’epoca senza web e smartphones, dove la parola era anzitutto scritta e la musica era anche letta. Il vantaggio di avere oggi 45 anni è quello di poterselo ricordare il mondo, prima di internet!

Credo di averti già fatto la domanda in passato, ma provo a riproporla, visto la possibile dinamicità della situazione: come funziona -e come funzionerà dopo l’uscita del nuovo disco- la fase live?

Ti dicevo, non sono un animale da palco, e in più i miei lavori nascono dal contributo di persone anche geograficamente distanti, con i quali è difficile mettere in piedi un live set. Sto pensando però a delle situazioni di mini showcase, che possano coinvolgere una compagine meno estesa e modulare. Spero in autunno inoltrato di poter far partire qualche esperimento.

Mi dai una definizione della tua musica, allo stato attuale, immaginando di spiegarla a qualcuno che si avvicina per la prima volta a Pensiero Nomade?

“Pensiero nomade” è musica per immaginare, per accompagnarsi nel viaggio, fuori e dentro di noi, un piede dopo l’altro, un’idea dopo l’altra.


Tracklist
1.        Dove comincia il giorno
2.        A tensione costante
3.        Più lontano, più forte
4.        Niente, finalmente
5.        La coda dell’occhio
6.        Da nessun luogo
7.        Il verso che non trovo
8.        L’apparente allegria
9.        Cercalo in fondo agli occhi


FORMAZIONE:

Salvo Lazzara: chitarre, bassi, stick, loop and samples, composizione e arrangiamenti
Alessandro Toniolo: flauto, midi horns
Davide Guidoni: drums, percussions, samples.
Fabio Anile: piano, keyboards, percussioni, samples.
Luca Pietropaoli: trumpet, flugelhorn.
Andrea Pavoni: piano, keyboards, composizione, vocals
Michela Botti: vocals

DISCOGRAFIA
Pensiero nomade – per questi ed altri naufragi (BTF/AMS Records)
Pensiero nomade – Tempi migliori (BTF/AMS Records)
Pensiero nomade – Materia e memoria (Dodicilune Records)
Pensiero nomade – Imperfetta solitudine (zone di Musica)
Pensiero nomade – da nessun luogo (Filibusta records)