venerdì 17 aprile 2015

Paolo Preite-“Don’t Stop Dreaming”



L’esordio discografico di Paolo Preite suggerisce un corretto atteggiamento, “Don’t Stop Dreaming”, e chiude un lungo ed elaborato periodo di lavoro -un lustro- che appare come atto di estrema maturità, e profuma di fatica in progressione, di attesa sino a che il momento giusto non arriva: situazione anomala se si pensa alla frenesia con cui, di questi tempi, la musica viene sfornata. Ma l’estrema riflessione, e la cura dei particolari, premiano questo giovane cantautore romano che ha realizzato un lavoro pregevole.
Le possibilità di “entrare” nel disco e nel personaggio, derivanti da ciò che accompagna la musica (credits, comunicati stampa ecc.) preparano il terreno, ma qualunque ascoltatore esperto, seppur privo di informazioni preventive, capterebbe rapidamente l’atmosfera internazionale, una caratteristica musicale spesso legata alla professionalità di chi guida il progetto. E’ quanto si può avvertire già dallo start, “Where did you go”, prima traccia dell’album, la cui uscita è prevista per il 9 Maggio.
La mano esperta, nello specifico, è quella di Fernando Saunders, musicista e produttore di Detroit, il cui nome è indissolubilmente legato a quello di Lou Reed, con cui ha condiviso una vita di musica.
Se poi si aggiunge il contributo di altre eccellenze -sottolineo la presenza di Kenny Aronoff, artista stratosferico e punto di riferimento nel mondo dei drummers- il concetto espresso, relativo alla realizzazione di un disco “globalizzato”, appare forse più comprensibile.
Ma il protagonista è Paolo Preite, con un know how costruito sullo studio delle relazioni internazionali -ed ecco la fermatura del cerchio- ed un amore sviscerato per la musica, mezzo espressivo dalle molteplici possibilità, e pare proprio che Preite non abbia limitazione alcuna.
Nove sono le tracce, otto proposte in lingua inglese ed una, Io re di me, in lingua italiana, e anche se l’utilizzo dell’idioma di Albione appare più congeniale a Paolo, la variazione sul tema dimostra che, in questo caso, costruire paletti e pianificare l’esposizione lirica può solo rispondere ad esigenze e piacere personale, perché il risultato sarà comunque soddisfacente.
Tocca temi delicati Paolo Preite, penetra nel sociale ed evidenzia la vasta gamma di sentimenti che regola le nostre vite, e così quando scrive il brano I wanna hold your hands-presentato a seguire- inserisce nel testo la citazione del I° articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del 1948; e quando propone Neda ci racconta la tragedia di Neda Agha-Soltan, la “voce dell'Iran”.
La musica potrebbe essere definita un pop d’autore, con ballad e passaggi folk che appaiono il DNA musicale di Preite; occorre un ripetuto ascolto per godere appieno dei dettagli e della qualità, e ciò che rimane dentro, ad ascolto concluso, è un velato senso di tristezza che convive con uno stato di appagamento mentale, e quando la musica ti tocca nell’intimo… raggiunge la vetta -e l’obiettivo-, perché arriva a colmare un bisogno e, a volte, risponde ad una richiesta di aiuto.
A domanda specifica Preite risponde che non è questo il caso dell’album concettuale, ma appare palese un forte legame che riprende i sentimenti espressi in ogni singolo episodio, donando un mood comune che diventa la scenografia dei pensieri dell’autore.
Don’t Stop Dreaming appare, nell’insieme, un disco “navigato”, nel senso che non presenta nulla che possa riportare all’inesperienza di un qualsiasi primo atto, e quindi la lunga elaborazione a cui accennavo è servita proprio all’eliminazione delle impurezze tipiche degli esordi.
Risultato eccezionale, ed ora la speranza è quella di vedere e ascoltare Paolo Preite dal vivo, per trovare conferma alle impressioni regalate dal lavoro in studio.


L’INTERVISTA

Come nasce la tua passione musicale  e come si è evoluta nel tempo?
Da che io mi ricordi ho sempre orbitato intorno al mondo musicale. Quando ero piccolo trascorrevo giornate intere ad ascoltare musica di ogni genere. Pian, piano… mi resi conto di avere una voce discreta e di avere come una radio sempre in play nella mia testa che creava melodie interessanti. A quel punto iniziai a scrivere canzoni e a suonare uno strumento. Insomma, in poche parole questo percorso intrapreso con determinazione e tenacia mi ha portato a vedere oggi l’uscita di un album tutto mio.

Il tuo album di esordio, “Don’t stop dreaming”, esce dopo un lungo periodo di gestazione: come si può spiegare questa lunga attesa?
Principalmente perché non è stato solo un lavoro sull’album in sé e per sé, ma è stato anche un lavoro approfondito su di me, come artista, e sul mio sound.

L’album è prodotto da Fernando Saunders: da dove nasce la vostra collaborazione?
Incontrai Fernando anni fa dopo un suo concerto in un locale di Roma, il Big Mama. Lo conoscevo di fama per il suo eccellente lavoro con Lou Reed, Jeff Beck e quindi a fine serata, parlammo per un pò e gli lasciai del mio materiale. Tempo dopo mi contattò e mi disse che voleva produrre il mio progetto e quindi presi la chitarra e partii per la Repubblica Ceca dove lui attualmente risiede.

Parlami del disco: quali le tematiche?
È un disco che abbraccia cinque anni della mia esistenza e quindi ricopre parecchie tematiche. Sono orgoglioso del brano che ho dedicato a Neda, sono orgoglioso del brano “I wanna hold your hands” dove cito il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Tratta di sogni, speranze e amore e, sicuramente, è un album dove ci ho messo una bella fetta della mia anima dentro.

Lo si può considerare un album concettuale?
Sicuramente non è un concept album tipo Tommy o The Wall.  È un album dove ci sono nove brani molto differenti tra loro che però sono uniti fortemente e chiaramente da un percorso omogeneo.

Tra i tanti brani in lingua inglese si distingue l’italiana “Io re di me”: come spieghi le tue scelte in termini di espressività linguistica?
Io re di me” l’ho scritta perché fortemente voluta dal mio produttore. Mi disse “Ok, puoi scrivere e cantare in inglese, ora però voglio sentirti in italiano”. Il risultato è stato sorprendente perché la mia voce ha raggiunto sfumature inedite e ne sono rimasto davvero colpito. Insomma, la lingua è uno strumento per fare arrivare un messaggio… non mi incastro molto nel pensare in quale lingua andrò a scrivere, farei un brano in cinese se potessi!

Il tuo status di cantautore mi spinge a chiederti che tipo di importanza dai alle liriche rispetto alla musica.
Hanno pari importanza. Il testo è il personaggio del tuo racconto, la musica è il paesaggio in cui immergerai il tuo personaggio.

Ci sono altri musicisti eccellenti che hanno collaborato alla realizzazione dell’album: me ne parli?
Beh, tutti i musicisti presenti nell’album hanno davvero svolto un lavoro stupendo a mio modesto parere e li ringrazio di cuore dal primo all’ultimo. Certamente il più noto al pubblico è Kenny Aronoff, un musicista straordinario che ha creduto in me e nel mio progetto sin dal primo istante. Gliene sarò sempre grato.

Esiste un tuo punto di riferimento musicale, un artista che è riuscito ad influenzare il tuo songwriting?
Ho ascoltato così tanta di quella musica che è difficile rispondere a questa domanda. Credo che ogni artista ha preso spunto da qualcun altro e sicuramente anche io ho rubato a molti grandi musicisti del passato un “qualcosa”. L’importante è che poi quel “qualcosa” tu riesca a metterlo nel modo che ti appartiene nel tuo mondo musicale e nelle tue composizioni.

Come pubblicizzerai il tuo lavoro? Sono previste date live?
Si occupa della promozione dell’uscita del mio disco qui in Italia la Lunatik di Gian Paolo Giabini. Per quanto riguarda i live collaboro da qualche anno con la Grinding Halt Concerti e sicuramente organizzeremo un bel tour promozionale. Al momento presenterò il mio album il 15 Maggio a Palestrina e il 18 Maggio a Roma.

Esprimi un desiderio musicale con… i piedi ben saldi per terra.

Continuare così come sto facendo da anni. Mi aspetto di costruire una carriera che duri nel tempo, ho scritto già più di 100 brani e sarebbe un peccato tenerli nel cassetto, non pensi anche tu?


PAOLO PREITE BIO

Paolo Preite, classe 1985, è un musicista/cantautore di Roma. Inizia a comporre musica sin da giovanissimo ed il suo talento è stato riconosciuto da molti artisti di livello nazionale ed internazionale. Dopo essersi esibito in vari locali e radio italiane, nel 2014 parte per un tour di successo in Danimarca. Attualmente, dopo cinque anni di duro lavoro, si appresta a far uscire e promuovere il suo primo Album Don’t stop dreaming” prodotto dal noto produttore e musicista americano Fernando Saunders.