venerdì 7 novembre 2014

ROCK PROGRESSIVO-Una guida- Stefano Orlando Puracchio


Articolo apparso sul numero di Settembre di MAT2020

ROCK PROGRESSIVO-Una guida- Stefano Orlando Puracchio

Stefano Orlando Puracchio è un giovane giornalista, autore dell’eBook “ROCK PROGRESSIVO-Una guida”.
L’aggettivo “giovane” non è buttato lì casualmente, e per chi come me si appropria per prima cosa della premessa, del contorno - nel caso di un book, le note sull’autore, le partecipazioni, le immagini - e solo dopo dell’elemento centrale, il conoscere l’età del propositore mi ha portato a due considerazioni iniziali che, pur avendo la stessa direzione, hanno verso opposto.
La prima mi ha spinto a pensare che un poco più che trentenne, interessato ad affrontare un tale argomento - non ciò che di prog esiste attualmente, ma quello legato al periodo d’oro a cavallo tra gli ani ’60 e ’70 - è da  far risaltare a prescindere, per l’impegno, lo studio, l’applicazione verso una sezione musicale che, per quanto mi riguarda, ha assunto il livello della assoluta nobiltà, titolo che non si acquisisce per meriti di anzianità, ma per una valutazioni di valori che dopo circa quarantacinque anni appaiono cristallini.
La seconda riflessione è meno positiva, ed è basata sulle barriere che ogni volta sono portato a costruire quando mi trovo a parlare con chi racconta un qualsiasi punto di vista legato alla Musica Prog senza averla vissuta in prima persona, atteggiamento poco intelligente, se perseverante: come se fosse impossibile spiegare la teoria della relatività perché non si è stati compagni di banco di Albert Einstein!
Spogliatomi quindi di ogni mia corazza ho provato a lanciarmi in un una lettura priva di paletti autocostruiti, aperto al nuovo, ad un ulteriore opinione sulla “mia” materia della vita.
La conformazione data al libro da Puracchio è quella delle linee guida per neofiti, una sorta di bignami didattico con il valore aggiunto dato dalla voce di alcuni miti di quei giorni, ovviamente ancora in piena forza e attività. Il tutto con l’utilizzo di un linguaggio adatto a far presa su ogni tipo di pubblico.
Un prima parte dedicata alla storia, alla terminologia (geniale quella di “metagenere”) e al racconto di interessanti particolari, induce ad alcune riflessioni legate ai protagonisti citati, non tutti, nella concezione comune, inseriti nel contenitore della Musica Progressiva, ma fondamentali per la nascita del movimento. Una band su tutte, quella dei Vanilla Fudge, ensemble prog seminale, nota  per hits di successo, ma con il merito supplementare di aver dato il via alla libera espressione progressiva italiana, dopo la vittoria al settembrino Festival di Venezia del 1969, a cui parteciparono con “Some Velvet Morning”.

La seconda considerazione si basa sulla “Guida all’ascolto”, con la premessa costituita da differenti modalità - quella sensoriale e quella analitica - che è un qualcosa su cui non si riflette mai abbastanza, ma che è stato oggetto di personale autocritica negli ultimi tempi: come si ascolta un album? E’ sufficiente esaminare il lato “tecnico”? E il contesto quanto vale? E l’istinto è più importante? E poi… come trascrivo le mie impressioni?
Puracchio mi ha regalato qualche spunto interessante e suppongo che chiunque si avvicini alla lettura, con qualsiasi obiettivo - casualmente o con cognizione di causa - troverà vantaggio nella spiegazione fornita, magari da modellare a propria immagine e somiglianza, ma assolutamente nello spirito della  “guida alla lettura”.
Anche perché, la parte che segue fornisce coraggiosamente nomi e cognomi, album consigliati e giudizi dell’autore, con l’applicazione di un semaforo ad ogni step, atto a dichiarare le difficoltà di accesso per i principianti.
I gradimenti di Puracchio sono naturalmente contestabili e ampliabili, perché ogni italiano ha in testa la sua Nazionale di calcio, e inoltre il criterio di scelta appare dinamico e non univoco, ma le fondamenta ci sono, e tutto il resto è motivato, con uno sforzo teso a sottolineare realtà meno visibili, ma che hanno lasciato il segno.
Per chi si avvicinasse al Prog solo ora questo libro potrebbe rappresentare un punto di partenza che, se fosse seguito da un buon effetto domino, porterebbe alla scoperta di centinaia di perle che, ovviamente, non potevano trovare spazio all’interno del book.
Dei più “grandi”, come detto, non manca nessuno… dei minori (mi riferisco alla visibilità) c’è cospicua traccia, così come appare interessante lo spazio aperto al versante ungherese (ma sono tantissimi i  luoghi prog che vanno scoperti, quelli che solo il “nostro” Mauro Selis conosce e perlustra nei dettagli, dall’ Oriente all’estremo opposto).
Il tutto va visto nel corretto contesto, evitando classifiche e graduatorie di merito, ma pensando alla finalità e al tentativo, riuscito, di dare le giuste coordinate per percorrere un antico e infinito sentiero, perché la Musica Progressiva è nuovamente materia, anche, per giovani anime, che la ascoltano e la amano, ma, soprattutto, la creano.
Nel corso della lettura, mentre soffocavo il mestiere di allenatore della nostra nazionale, mi è venuta in mente una di quelle peculiarità di cui quasi mai si parla quando si bazzica la materia, e cioè l’unicità delle voci prog, capaci di caratterizzare una band, al pari del tocco chitarristico di Steve Howe, della maestria tastieristica di Keith Emerson o del drumming di Bill Bruford: molto più della strumentazione usata, oltre il moog e il mellotron - novità tipiche di quei giorni antichi - la timbrica vocale di Jon Anderson, Peter Hammill, Ian Anderson, Greg Lake, Petre Gabriel e Derek Shulman ha dato l’impronta alla Musica specifica, produzioni di infinita grandezza e, ed è bene ricordarlo, una differente dall’altra.

Quale potrebbe essere il ruolo supplementare del “cantante”?
Il musicista sente la Musica e vede un mondo, vede… una casa, l’appartamento, le stanze, non ha bisogno di ascoltare tante volte un brano perché ha visto la casa nella sua totalità. Un amico diceva: “Io quando sento un accordo, anche complesso, non sento la Musica, io vedo una famiglia: il papà è il basso, la mamma è la tonalità e così via, sino ai nipotini… le undicesime, le tredicesime… “ , e quindi per loro diventa tutto naturale, mentre io per capire come è fatto un accordo devo chiamare uno che me lo spieghi; però, per quanto riguarda il canto… qual è il trucco? Si fa una nota alla volta (a parte Stratos che ne faceva due!) ed è quindi più facile da gestire e alla fine la voce è l’unico strumento che può cantare le parole e quindi noi vocalist abbiamo un grosso vantaggio, quello di arrivare prima alla gente. Anni fa mi hanno chiesto a cosa penso mentre canto e allora mi sono impegnato nel dare una risposta: quando canto, con una mano richiamo i miei maestri (molti non ci sono più!) e con l’altra cerco un futuro, se futuro ci sarà; poi con lo sguardo mi protendo verso l’infinito e a questo punto il canto diventa facilissimo…(Bernardo Lanzetti).

Una bella immagine, una possibile pista di lavoro per Stefano Orlando Puracchio e per i lettori di questo indovinato “Rock progressivo- Una guida”.




Stefano Orlando Puracchio nasce a Roma il 2 luglio 1980. Ha vissuto la prima parte della vita tra Roma e l'Abruzzo mentre adesso vie tra l'Abruzzo e l'Ungheria. Si è laureato in scienze della comunicazione all'università di Teramo; dopo aver lavorato nel campo giornalistico, ha conseguito il master in Giornalismo all'università di Teramo e nel 2009 è diventato giornalista professionista. Ha diretto un giornale online, ha lavorato come autore radiofonico e conduttore per Radiofrequenza, la radio comunitaria dell'università di Teramo, producendo programmi di critica musicale, televisiva e di spettacolo in genere. Ha anche curato uno speciale radiofonico sul Rock Progressivo per Radio Rai3 chiamato: "L'ultimo guerriero". Alcuni suoi scatti fotografici sono stati utilizzati per il booklet del cofanetto del "Prog Exhibition 2". Attualmente è un freelance e si occupa esclusivamente di scrittura.

Info:
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