mercoledì 3 luglio 2013

Alessandro Gaglione e la sua collezione "Jethro Tull"



Articolo apparso su MAT2020 di Giugno

IL RITRATTO

Alessandro Gaglione, un grande collezionista ci racconta il suo amore sviscerato per i Jethro Tull, tra rarità e memorabilia.
Ho conosciuto Alessandro Gaglione nel 2008, ad Alessandria, Convention dei Jethro Tull. Rimasi ovviamente folgorato dall’esposizione della sua collezione, ma la cosa che ebbe il sopravvento nella scala dello stupore era che Ale era di Savona, ovvero abitava a pochi chilometri da casa mia e a poche centinaia di metri dal mio luogo di lavoro. Ma come era possibile che passioni così grandi e specifiche non si fossero mai incrociate, nonostante le piccole distanze?
Da quel giorno abbiamo occasionalmente fatto un po’ di strada assieme, qualche concerto, molti aneddoti e ricordi, e qualche collaborazione pro fan club Itullians.
Nelle foto allegate Alessandro mostra con un certo orgoglio il suo nuovo “studio”, dove sono racchiusi venti anni di vita.
Tra pochi mesi nascerà per lui una nuova occasione espositiva, nel corso della prossima Convention di cui parleremo a breve.
Nel frattempo scopriamo come  e perché si muove un collezionista… musicale.

Come nasce il tuo amore per i Jethro Tull?
Per caso. La cosa ha radici piuttosto lontane, ma neanche troppo, considerando che i mie dati anagrafici mi impediscono di aver goduto del fenomeno Jethro Tull a tempo debito (sono nato nel ’71…). Durante la mia adolescenza nei, passami il termine, “famigerati” anni ’80, ero pressoché disinteressato da ciò che il panorama musicale era in grado di offrire, e quindi, in pratica, non ascoltavo musica. Fu per caso che, nel 1987, mi imbattei in quella che fu la mia prima esperienza di musica di qualità: Shine on you crazy diamond dei Pink Floyd. La mia curiosità di sedicenne mi condusse da li a poco a raccogliere l’intera discografia dei Floyd, ed a cercare approfondimenti musicali che mi portarono in breve a spaziare tra i brani dei principali gruppi rock, dai Beatles, Led Zeppelin, Deep Purple, Black Sabbath, alle sonorità più aggressive di Iron Maiden, Metallica, Megadeth… I Tull non furono inizialmente tra questi, essendo evidentemente divenuti, già all’epoca, un prodotto di “nicchia”. Solo alcuni anni più tardi un amico mi diede un’audiocassetta, una Maxwell da 90 minuti, sulla quale aveva registrato, sul lato “A”, l’opera rock “Jesus Christ Superstar”, invitandomi ad ascoltarla. Sebbene siano passati più di vent’anni, ricordo nitidamente il tratto di strada che stavo percorrendo quando inserii la cassetta nell’autoradio, tanto grande fu l’emozione che provai a quelle prime note. Il fato, diciamo così, volle che la cassetta fosse “avvolta” per partire dal lato “B”. Due riff paurosi e poi… Sitting on a park bench eyeing little girls with bad intent….  Ho difficoltà ad esprime appieno cosa rappresentò quella musica per me: ascoltai ripetutamente i 6 minuti e mezzo di “Aqualung” per giorni, senza mai estrarre la cassetta dall’autoradio e senza proseguire nell’ascolto dei restanti brani dell’album. Solo qualche giorno più tardi ascoltai “Cross-eyed Mary” e gli altri pezzi. Per la cronaca, sono passati più di vent’anni, e devo ancora ascoltare “Jesus Christ Superstar”…  Bene, da allora, neanche a dirlo, la mia band preferita sono senza dubbio i Jethro Tull, seppur continui, naturalmente, ad apprezzare ed ascoltare dozzine di altre band del periodo e non solo, Pink Floyd. Conservo ancora quell’audiocassetta, e talvolta mi stupisco nel pensare come un oggetto così piccolo possa, in qualche modo, cambiarti la vita…

Raccontami qualcosa sulla tua collezione, sia dal punto di vista della quantità che da quello della qualità.
Colleziono specificatamente materiale dei Jethro Tull da circa vent’anni: dico materiale, poiché colleziono vinili (album e singoli), CD, tour programme, locandine biglietti e poster dei concerti, memorabilia di vario genere tipo contratti originali di tournè e concerti, documenti delle sessioni di registrazione,  foto e dischi promozionali, press kit, bootlegs, dischi d’oro, eccetera. Insomma, una sorta di collezionismo a 360°. Ho però le mie brave specializzazioni: mi interessano soprattutto i singoli, ed il tentativo, seppur vano, è quello di riuscire  ad avere una copia di ogni 7” dei Tull conosciuto: oggi ne ho 490 diversi, su un totale noto di 520. Credo, verosimilmente, che si tratti di una delle più complete collezioni al mondo di singoli dei Tull, se non la più completa in assoluto. Amo particolarmente i singoli per la varietà di copertine, etichette, combinazioni dei brani. A questi si aggiungono gli LP, di cui colleziono le prime stampe o quelle di particolare rilevanza, circa 400 dischi, in varie edizioni e di varie nazionalità. Poi i CD, anche qui siamo circa a 400, i singoli in vinile 12” (50), i CD singoli (50), quasi 500 bootleg tra vinile e cd, ecc.  Dal lato “cartaceo”, oltre a tutti i tour programme della band (da stand-up ad oggi), la collezione comprende circa 150 locandine di concerti e un centinaio di poster promozionali vari, e circa 600 biglietti di concerti, anche in questo caso spaziando dal 1968 ad oggi.

Quali sono le perle rare raccolte nel tuo studio?
Beh, lo storico primo singolo inglese del ‘68, erroneamente attribuito a Jethro Toe, per esempio, o alcuni singoli noti in numero limitatissimo di copie (talvolta 3-4 copie, come nel caso del test pressing inglese del singolo di TAAB), alcuni contratti originali del Marquee Club, il contratto della tourneè americana del ’76, firmato dalla band al completo, o ancora rari LP in vinile colorato di origine centroamericana, e così via…

Come si muove un collezionista come te? Di che cosa si va alla ricerca in particolare?
Beh, la prima cosa è la ricerca… di informazioni. Infatti, a differenza di altre collezioni, non esiste un catalogo di riferimento in base al quale poter dire “ce l’ho, mi manca”. Internet in tal senso ha semplificato non poco la vita: un valido riferimento, in passato, è stato il sito “Collecting Tull”, che riporta discografie abbastanza complete sia per quanto riguarda i singoli che gli album. Proseguendo nella ricerca collezionistica non si può però prescindere da approfondimenti e continue ricerche: nel tempo ho catalogato ad esempio, in maniera più completa possibile, tutti i singoli dei Jethro Tull: in base a tale ricerca mi mancano una trentina di pezzi per completare la collezione. Completare tra virgolette, poiché ogni anno appare sul mercato almeno un’edizione in 45 giri fino al momento sconosciuta (è di pochi giorni fa la “comparsa” su E-bay di un’edizione guatemalteca del singolo di Too old…).

Come giustificheresti la soddisfazione che si ricava dall’essere circondati da “pezzi inusuali”?
Ho difficoltà a rispondere: quando chiedo a me stesso che senso abbia investire tempo e denaro in una collezione, per giunta così specifica, non trovo risposte che mi soddisfino. Credo comunque che la soddisfazione, che normalmente si prova quando si ha l’occasione di mostrare la collezione a qualcuno che condivida l’amore per i dischi, sia direttamente proporzionale  alla difficoltà nel reperire quella specifica edizione.Talvolta mi trovo ad immaginare quale storia stia dietro a quell’oggetto, chi l’ha comprato, chi lo ha conservato, ascoltato o sfogliato, chi lo ha regalato o lo ha ricevuto in regalo… e ancora, in quale angolo di mondo tutto questo sia accaduto. Un disco usato, o un biglietto di un concerto, avrebbe un sacco di storie da raccontare. In ogni caso, la classica frase “Vieni da me che ti mostro la mia collezione dei Jethro Tull” non sortisce sulle donne lo stesso effetto che ottieni con la più consona collezione di farfalle…

Per chi si dedica da anni ad una raccolta di nicchia come fai tu, da dove arriva il maggior piacere, dalla ricerca o dal possesso?
Dalla ricerca direi, sia in termini di approfondimento (ricostruire discografie oltremodo complesse come quelle dei singoli, o piuttosto la storia delle tournée partendo dai biglietti e dalle locandine è sicuramente affascinante) che in termini di ricerca del pezzo. In tal senso le cose sono profondamente cambiate: quando iniziai a collezionare dischi Internet era ancora poco più di un sogno nella mente di qualche informatico lungimirante, e se volevi trovare delle rarità dovevi recarti ai mercatini dell’usato, rispondere agli annunci di vendita su “RARO”, frequentare le fiere del disco o i già allora semideserti negozietti di vinile. Ricordo con particolare piacere i viaggi in treno alla volta di Milano, per visitare la fiera del disco di Novegro o i vari negozi di dischi usati della città, che offrivano comunque di più di quanto Savona non fosse in grado di offrire. O i viaggi a Londra, a Camden, o da “Buy-Sell-Trade” a Nottingh hill, o in Berwick Street, o ancora alla fiera di Wembley: ti sembrava di essere nel paese dei balocchi, e ti ritrovavi a rientrare in Italia con 20 chili di vinili che facevano impazzire gli addetti ai controlli in aeroporto.  Oggi il web ha ucciso gran parte di quella magia, e su E-bay, col numero di carta di credito a portata di mano, puoi  accaparrarti dischi che fino a dieci anni fa erano così rari da trovarsi a metà tra oggetti reali e mere leggende metropolitane…

Mi racconti un aneddoto che ricordi con particolare piacere, legato al tuo hobby?
Ne avrei mille. Fu ad esempio alla fiera di Novegro che, nel giugno del 1996, incontrai un tizio che, notando che stavo acquistando un disco dei Tull (una copia di Thick as a Brick), mi si avvicinò ed iniziò a parlarmi della sua passione per i Jethro e del recente incidente capitato ad Anderson nel maggio di quell’anno (l’embolo che lo raggiunse mentre era in tour in Australia): l’attore principale della nostra comune passione musicale aveva rischiato la pelle, ed io non ne sapevo nulla. Mi parlò anche del suo incontro con Ian, in occasione del tour inglese dell’anno prima, e mi disse che da li a poco si sarebbero incontrati un certo numero di fan con l’idea, magari, di fondare un fan club. Da allora sono trascorsi diciassette anni (!), quel tizio, Maurizio “Kallarma” Traina, da subito una delle colonne portanti dell’allora neonato fan club “Itullians”, sarebbe diventato un caro amico e, un bel po’ di tempo dopo, il mio testimone di nozze…  All’epoca la mia collezione era agli albori, essendo limitata alla discografia ufficiale in CD ed LP e a poco altro, e Maurizio mi diede utili dritte per evitare di incappare nelle “fregature” da novellino: quando, nell’autunno di quello stesso anno, fui suo ospite e vidi la sua collezione, fui folgorato sulla via di Damasco…

Qual è il mercato dal quale si attingono attualmente le maggiori chicche?
Ebay senza dubbio. Lo consulto giornalmente: ci sono costantemente circa 10.000 pezzi dei Tull in vendita! Muovendosi con cautela si possono fare discreti affari (quasi mai ottimi però, per il meccanismo stesso dell’asta). Certo, roteare la rotella del mouse scorrendo le videate di e-bay non ha nulla a che vedere col rovistare in uno scaffale di vinili di una bancarella in fiera.

Ma dimmi… quanto costa essere uno dei maggiori collezionisti al mondo di materiale “tullico”?
Molto, come quasi la totalità degli hobby e delle collezioni. Soprattutto ora che i pezzi mancanti sono quasi tutti “pezzi da 90”… qualche volta mi domando se non sia più sensato vender tutto, però poi desisto: al collezionista resta sempre l’illusione di investire in qualcosa destinato ad acquisire valore in un futuro non ben determinato.

Se dovessi tracciare un percorso futuro per arrivare al top, all’onda perfetta da dover incontrare una volta nella vita, a cosa mireresti?
L’onda perfetta non saprei individuarla: esistono certamente alcuni “pezzi” che cerco da quasi vent’anni, alcuni mai visti, altri che mi son lasciato sfuggire, in fiera o su E-bay. Certamente mi piacerebbe completare alcune discografie specifiche, soprattutto per quanto concerne i 45 giri: l’unico timore è che, raggiunto l’obiettivo da troppo tempo atteso, la magia che ti spinge a collezionare si spenga e venga davvero l’ora di chiuder bottega…