giovedì 23 maggio 2013

I BIG ONE raccontati da Gian Paolo Ferrari (intervista a Leonardo De Muzio)


Tratto da MAT2020 di maggio, con annessa l’intervista a Leonardo De Muzio

Il mio servizio taxi da Verona al BLUE NOTE di Milano. 
Alle origini della musica dei PINK FLOYD con “dei clienti speciali", la  tribute b dei BIG ONE

Di Gian Paolo Ferrari

Lo spettacolo è appena terminato, mi trovo in un angolo del locale, solitario e felice ad assaporare fino all’ultimo respiro tutte le emozioni di questo bellissimo concerto al quale ho assistito. Dalla mia postazione vedo i ragazzi  sul palco che, terminata la loro esibizione, raccolgono orgogliosi i meritati applausi da parte del pubblico del Blue Note. In questo miscuglio di sensazioni all’improvviso vado a ritroso con la mente e come nelle sceneggiature di quei film che iniziano con le immagini dall’epilogo …  vi ricordate ad esempio in “THE WOMAN IN RED”? dove il povero Teddy Pierce, interpretato dal grande Gene Wilder, si ritrova in accappatoio sul cornicione  di un palazzo al ventesimo piano a chiedersi come avesse fatto a trovarsi in quella situazione assurda, e proprio da lì parte il racconto che  porterà a comprendere la giusta causa, ovvero la bellissima Kelly Lee Brook. Ecco! Anch’io vorrei fare la stessa cosa, certamente non di starmene su di un cornicione, sarebbe troppo “pericoloso” per i miei gusti, mi basta solo raccontarvi la storia che mi ha portato in questa nevosa domenica di febbraio, al Blue Note Di Milano, più avanti vi parlerò del concerto … abbiate solo un po’ di pazienza, buona lettura …

IO E I BIG ONE
Ero molto scettico nel  giugno 2005 quando, su invito di un mio carissimo amico, mi recai al Teatro Romano di Verona. Quella sera in cartellone c’era una tribute band Floydiana di nome BIG ONE
Mi accomodai nelle prime file, ero curioso ma nello stesso tempo molto distaccato, per me i Pink Floyd sono  sempre stati “intoccabili”, per questo motivo pensavo di assistere ad una carrellata di cover da parte di qualche simpatico e volenteroso musicista,  ed invece … niente di tutto questo, le luci si spengono e parte il famoso intro di tastiere di Shine on you crazy diamond, entra in scena Leonardo De Muzio con la sua chitarra, rimango incollato alla poltrona, mi chiedo: “ Non è possibile! Questa è una base registrata! Sta suonando come Gilmour …  lo stesso tocco, la stessa tecnica … incredibile!”… Questa fu l’emozione che mi accompagnò per tutta la durata del concerto,  il mio scetticismo scomparve, la mia mente mise in atto un reset totale, mi lasciai avvolgere da questa intrigante, per me nuova, alchimia musicale, anche perché la scaletta proposta era molto ricca, dopo Shine, Learning To Fly, Sorrow, Hey You, Another Brick In The Wall, e l’intera esecuzione del famoso album The Dark Side Of The Moon, per poi chiudere con Wish you Were Here, Confortably Numb e Run Like Hell.  Su Confortably Numb mi resi conto di avere davanti a me il clone naturale di David Gilmour, mai prima d’ora avevo sentito niente di simile, per non parlare dell’esecuzione di The Great Gig In The Sky, dove la stupenda voce di Rossana D’Auria non faceva certo rimpiangere la famosa Clare Torry.
 Tornai a casa soddisfatto, e cominciai a ricredermi sul ruolo e sul valore delle tribute band, un dolce pensiero cominciò a passare nella mia mente: “… se ho tanto amato i Floyd quando ero adolescente perché non potevo fare lo stesso con i loro nipoti? E poi abitano nella mia stessa città… quindi…”
Ecco in breve il mio primo incontro con questo gruppo, per essere sinceri devo dirvi che dopo il Teatro Romano seguirono altri concerti, vissuti sempre con le stesse emozioni e con la consapevolezza di avere di fronte una fra le migliori  tribute band Floydiane in circolazione.
Nel 2012 ho avuto la possibilità e il piacere di conoscere i membri della band, partecipando a tutte le date del  Summer Tour 2012, Tour che partito  in aprile dal famoso Blue Note di Milano, si è concluso in ottobre al teatro Obihall di Firenze, dopo avere visitato con quattro date prestigiose Belgio e Olanda. Qui all’estero c’è stata la consacrazione e il definitivo riconoscimento di oltre vent’anni di esibizioni dal vivo. Entusiasmo del pubblico incredibile che in certi momenti ha sfiorato l’apoteosi. Un’ultima curiosità, qualche anno fa mentre si trovava di passaggio a Verona, dopo l’uscita del suo libro autobiografico “ INSIDE OUT”, Nick Mason ha conosciuto personalmente i Big One usando nei loro confronti parole di stima e di apprezzamento(vedi foto) .

LA STORIA
Il gruppo nasce nel 1990 da un idea del chitarrista Elio Verga. All’inizio la band ha un repertorio variegato, esegue numerose cover senza avere ancora una precisa identità, nel repertorio proposto ci sono alcune canzoni dei Pink Floyd. La svolta avviene con l’arrivo nella band del bravissimo chitarrista Leonardo De Muzio, da qui ha inizio un percorso di ricerca nella vasta produzione Floydiana. I Big One attualmente spaziano nei loro spettacoli dal periodo psichedelico dei primi anni ’70, fino agli album più recenti. I Big One hanno pubblicato tre importanti dvd che riguardano i loro spettacoli:
Live al Teatro Romano   2005
Live at Valle dei Templi  2006
The Wall anniversary      2009
Per ulteriori informazioni potete visitare il sito   www.bigoneproject.it
Oppure su Facebook  Big One- The European Pink Floyd

BIG ONE formazione attuale: Leonardo De Muzio (chitarre-voce), Elio Verga (chitarre), Paolo Iemmi (basso-voce)Alex Iannantuoni (batteria-percussioni), Claudio Pigarelli (tastiere-piano) Stefano Righetti (tastiere-synth-voce) Debora Farina e Rossana D’Auria (cori), Marco Scotti (sax).                                  

OTTOBRE 2012, attraversando gli Appennini nel viaggio di ritorno dopo il concerto di Firenze, con Alessandro Iannantuoni ed una spruzzatina di neve ….
(Alessandro oltre  ad essere il batterista del gruppo, è anche un grande studioso e conoscitore del mondo Pink Floyd, molto conosciuto nell’ambiente per essere uno dei più grandi collezionisti di bootleg, praticamente un archivio umano di informazioni, se vuoi sapere come avevano suonato i Pink Floyd in quel concerto , in quella data … chiedi a Alex, lui sa tutto …)
Mi trovo alla guida del furgone con gli strumenti, al mio fianco Alessandro Iannantuoni, batterista del gruppo preoccupato per le condizioni meteo che stanno improvvisamente peggiorando, comincia a nevicare! Cerco di tranquillizzare Alex con qualche battuta ,risalendo alle mie origini “montanare” ( sono nato in provincia di Sondrio) con calma cerco di fargli capire che qualche fiocco di neve non poteva certo crearmi problemi. In questi casi una buona chiacchierata è sempre la formula migliore per distogliere la mente da chissà quali catastrofi imminenti … quindi dopo svariati argomenti, cerco di toccare un tasto magico che con Alex  funziona sempre, provate a indovinare …
“Adesso che il tour è terminato cosa bolle in pentola Alessandro?  Se non sbaglio nel 2013 si celebra il quarantennale di The Dark Side Of The Moon…
“ Hai ragione, è ovvio che per l’anno prossimo, The Dark sarà il tema principale nei nostri concerti, ma c’è dell’altro, adesso ci prenderemo qualche giorno di riposo, questo ultimo periodo è stato molto impegnativo, ultimamente abbiamo girato parecchio, Olanda, Belgio e questa sera Firenze. Abbiamo un progetto ambizioso in cantiere, stiamo pensando di portare sul palco Atom Hearth Mother, è da molto tempo che né parliamo e tutti nel gruppo sono favorevoli, anche perché tu che ci conosci bene sai che il nostro dna è legato ai Pink Floyd di quegli anni, quindi qualche giorno di relax e poi … in sala prove.
Scusa Alex, ma in Atom Heart Mother c’è tanto di orchestra con i cori, non mi vorrai dire che farete altrettanto!
 Oh Giampy! Guarda che i P.F. nei primi anni ’70 mica erano già diventati famosi e miliardari! In quel periodo mica potevano  permettersi un’orchestra ad ogni concerto, se non ricordo male credo che Atom venne rappresentata con cori e orchestra probabilmente una ventina di volte, 17 date in Europa e 3 in USA. Ad ogni modo noi la rifaremo originale come la suonavano loro, senza questo supporto, abbiamo molto materiale a disposizione, per noi questa è la vera fonte storica che vogliamo rispettare, la nostra Bibbia! Comunque non ti preoccupare, ti chiamerò in sala prove quando sarà il momento, così potrai  sentire in anteprima questo nuovo progetto e dire la tua … sapientone …
Con questi pensieri e queste chiacchiere interessanti arrivammo sani e salvi a Bologna, il peggio era passato, ora il ritorno a Verona diventava meno problematico e stressante. Ovvio che nei mesi a venire  cogliendo l’invito di Alex, mi recai qualche volta in sala prove. Ebbi nell’immediato la consapevolezza che i ragazzi stavano preparando qualcosa di veramente speciale, adesso bisognava attendere la data del debutto ufficiale che sarebbe avvenuto in un altro posto molto  ma molto speciale … quindi appuntamento a domenica 24 febbraio al BLUE NOTE di Milano …

La musica dei PINK FLOYD batte il derby Inter-Milan con un secco 2 a 0, marcatori:
nel primo tempo” The Dark Side of The Moon”, nel secondo  “Atom Heart Mother”
La formazione scesa in campo è la seguente: Leo De Muzio(chitarre-voce), Paolo Iemmi(basso-voce), Alex Iannantuoni (batteria), Stefano Righetti (tastiere-synth-voce) ,Gabriele Marangoni (tastiere-piano), Marco Scotti (sax), Debora Farina e Rossana D’Auria (cori). (Elio Verga e Claudio Pigarelli assenti giustificati)

Confesso che avevo qualche timore sull’esito in termini di presenze per questo concerto, troppe le coincidenze avverse: il derby di Milano, le elezioni politiche e per finire le condizioni meteo non certo delle migliori, un mix di dettagli che potevano far pensare ad una classica serata in pantofole della serie … mi guardo la partita in tv (70/80000 erano già allo stadio) un occhiatina ai primi commenti politici ed alla finestra per vedere chi poteva essere quel disgraziato che con questo tempaccio aveva avuto la brillante idea di uscire, e invece non avevo considerato che ... Il Blue Note ha un fascino  unico e particolare, il pubblico del Blue Note come già detto è speciale, The Dark Side Of The Moon  è un evento al quale non si può rinunciare, quindi  già dalle 20 il locale era quasi tutto esaurito in ogni ordine di posti, cosicchè tutti i miei pensieri negativi si sciolsero come neve al sole (volendo restare in tema). Alle 21 puntuali, i Big One salgono Sul Palco, Paolo Iemmi frontman del gruppo presenta lo spettacolo con queste semplici parole: “Questa sera celebriamo i 40 anni di un grande capolavoro, The Dark Side Of The Moon quindi nella prima parte suoneremo per intero  tutti i brani dell’album, nella seconda parte  che abbiamo chiamato “The Early Years”, ci saranno delle sorprese che noi tutti speriamo vi siano gradite, andremo un po’ indietro nel tempo … buon ascolto”
Il pubblico applaude, e poi … si chiudono gli occhi … si prende in mano  il prezioso vinile custodito con cura, lo si mette sul piatto e  … parte la magia ... Speak To Me, Breathe, On The Run, Time, Breathe reprise, The Great Gig In The Sky, Money, Us and Them, Any Colour You Like , Brain Damage, Eclipse Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro, la sensazione è quella che vi ho descritto, il nostro vinile ha incantato anche questa volta,  i ragazzi eseguono questi famosi brani con una sicurezza quasi disarmante, questa suite affascinante di The Dark è da anni il manifesto musicale D.O.C. di questa tribute band. Il diamante della serata come sempre resta l’esibizione solista di Rossana D’Auria in The Great Gig In The Sky che fa alzare in piedi il pubblico  facendolo  esplodere in un fragoroso applauso. (continuo a ripeterlo convinto, nulla da invidiare a Clare Torry, Rossana è su questi livelli) Ottimi gli interventi al sax di Marco Scotti nei brani Money e Us And Them, in chiusura prende la scena Leonardo De Muzio con la sua chitarra , in scaletta Shine On You Crazy Diamond, Wish You Were Here e l’immancabile assolo Gilmouriano di Confortably Numb.
Si arriva così dopo una breve pausa alla seconda parte dello spettacolo, la più attesa e affascinante, viste le premesse, infatti arriva “spaziale” con le sue voci distorte, segnali morse,  l’inconfondibile Astronomy Domine, pezzo trascinante che ci fa respirare in pieno le atmosfere care ad un nostro vecchio caro amico: Syd Barrett. Da Syd passiamo ad uno dei primi pezzi scritti da David Gilmour: Fat Old Sun, e qui ancora una volta  nel lunghissimo assolo finale Leonardo (o come viene chiamato affettuosamente dagli amici Leo Gilmour) sbalordisce i presenti con la sua indiscussa abilità. L’atmosfera del Blue Note si scalda, il pubblico si sente pienamente coinvolto dall’atmosfera particolare che si sta respirando, sembra quasi abbia sentore che sta per succedere qualcosa di importante. Paolo Iemmi con il suo immancabile sorriso, presenta così il brano a venire: “Credo che il prossimo pezzo non abbia bisogno di presentazioni, noi cercheremo di fare del nostro meglio, buon ascolto a tutti voi e buona fortuna per noi !” Ci siamo! Tante ore di studio in sala prove stanno per essere riversate su questo palco,  inizia Atom Heart Mother!  Siamo giunti alle origini dei Pink Floyd! Parte subito un’ ovazione che si spegne nell’immediato per lasciare spazio alla musica, sembra quasi che si voglia portare rispetto a questo evento, io mi sento emozionato, per ovvie ragioni anagrafiche non ho mai potuto vedere un concerto dei Pink Floyd inizio anni ’70, mi sono sempre  dovuto documentare con articoli dell’epoca o con la lettura di qualche libro autobiografico, e da qui lasciarmi trasportare dalla fantasia e dall’immaginazione. Finalmente era arrivato il momento! La famosa mucca frisona Lulubelle III stava per conquistare il Blue Note! Dal punto di vista musicale la suite di Atom Hearth Mother è molto complessa, è un brano strumentale strutturato in sei movimenti, ognuno conformato su un tema diverso che rimanda sempre a quello principale. I Big One dall’iniziale Father’s Shout e a seguire da Breast Milk danno subito la netta impressione di avere scelto la tattica giusta, traspare netta la pura essenza dell’anima Floydiana nella loro interpretazione, sono ormai padroni della scena, e questo si nota  dai loro sguardi complici di intesa . Nella parte più complessa Mother Fore , Leonardo De Muzio e Paolo Iemmi ci fanno capire come Gilmour e Wright mediante voci piene di effetti, si sostituivano ai cori e relativa orchestra, il pubblico presente accenna ancora a qualche timido applauso, ma sembra quasi che non  voglia esporsi troppo per non spezzare questo incantesimo. Dai sorrisi e dagli sguardi d’intesa che i ragazzi si scambiano sul palco capisco che tutto sta procedendo per il giusto verso, infatti Funky Dug, Mind Your Throats Please e Remergence  chiudono la suite in maniera entusiasmante, lasciando finalmente a tutti i presenti (che  nel frattempo si sono alzati in piedi) la possibilità di lasciarsi andare in un caloroso applauso liberatorio.
 Anche i membri del gruppo sul palco, coinvolti da questi spontanei e sinceri attestati di stima, si congratulano reciprocamente con una stretta di mano. Ma il nostro viaggio non è ancora terminato, dopo la consueta presentazione arrivano come in un arcobaleno Floydiano:  Embryo,  Cymbaline e per finire … Echoes ! Credo che non serva aggiungere altro, non vorrei cadere nella solita banale retorica, lo spettacolo offerto da questa tribute band ancora una volta è stato all’altezza della sua  riconosciuta fama e bravura. Io, come vi ho anticipato all’inizio dell’articolo, ho preferito restarmene nel mio angolo solitario, lasciandomi avvolgere da tutto questo caldo entusiasmo che mi ha fatto riflettere e ricordare un pensiero scritto da Cesare Rizzi nell’introduzione del suo libro. Penso che questo possa concludere nei migliori dei modi questa recensione, rendendo più  chiara l’essenza di questa serata indimenticabile “ Dei Pink Floyd si è detto tutto, e si continua a farlo. Una cosa però non è mai stata sottolineata a dovere: l’universalità della loro musica, la mancanza di confini del loro messaggio, il fatto che dovunque al mondo, senza restrizioni generazionali, né di cultura o linguaggio, i Pink Floyd hanno lasciato qualcosa. Un messaggio in un esperanto finalmente comprensibile a tutti. Una musica che negli anni è stata usata dappertutto e per tutto, per feste psichedeliche, grandi raduni rock, film, documentari, sottofondi ambientali, momenti romantici … Uno strano alone di suggestione fa sì che ogni qualvolta suonino i Floyd il pensiero vaghi irrimediabilmente tra le stelle, il mondo sia un po’ più a portata di mano, la vita diventi meno frenetica, i sogni rimangano reali un po’ più a lungo …”



L’intervista a Leonardo De Muzio … il nipote acquisito di David Gilmour.

Bob Ezrin, produttore di “The Wall” ha detto: “ possiamo dare a Dave un ukulele e lo farà suonare come uno Stradivari”: stiamo parlando di David Gilmour il chitarrista dei Pink Floyd, un vero architetto del suono che con la sua Stratocaster “total Black” ha entusiasmato e ispirato generazioni di chitarristi. Nei Big One Leonardo De Muzio, con la sua indiscutibile bravura, viene definito il Gilmour italiano per eccellenza; dopo il concerto del Blue Note sono riuscito a scambiare qualche parola con lui.. ecco qui la nostra conversazione …

Caro Leo, mi sembra che anche questa sera nonostante le avversità ci sia stato l’ennesimo successo, direi che siete stati perfetti!
Beh!Non esageriamo, diciamo che abbiamo cercato di fare del nostro meglio, mi rendo conto però che questo concerto, specialmente nella seconda parte, ha regalato al pubblico, ma anche a noi che eravamo sul palco, delle forti emozioni.

Era un debutto importante, con una scaletta di brani molto ambiziosa e affascinante, credo che nessun’altra tribute band abbia proposto niente di simile, come mai questa scelta?
Il nostro repertorio abbraccia tutta la produzione discografica dei Pink Floyd, il nostro DNA però si rispecchia maggiormente con l’immagine dei primi anni 70, siamo legati ai Pink più psichedelici e sperimentali per intenderci, ecco spiegato il motivo della scelta. Per quanto riguarda la scaletta, ti confesso che era da molto tempo che pensavamo di suonare Atom Hearth Mother con altre canzoni di quel periodo, lo stesso pubblico che viene ad assistere ai nostri concerti ce lo aveva richiesto molte volte, c’è voluto un po’ di tempo ma alla fine ci siamo riusciti. Il debutto era importante, e non potevamo scegliere una location migliore per rendere onore a questa musica. Il Blue Note è qualcosa di veramente unico e inimitabile, mi sembra inutile ricordare quali grandi nomi del jazz abbiano calcato il palco di questo locale; le persone che vengono al Blue Note sono speciali perché chi entra vuole solo ascoltare musica dal vivo, vuole il contatto musicale con l’artista. Qui gli effetti speciali contano poco, qui dentro non devi incantare, ma emozionare, che è diverso. Se tu ti presenti con la musica dei Pink Floyd devi sapere portare rispetto nei confronti di quello che stai suonando, il pubblico che è davanti a te conosce ogni sfumatura delle canzoni, quindi da te vuole solo rivivere le stesse emozioni, essere avvolto dalle stesse atmosfere. Questa sera abbiamo cercato di trasmettere tutto questo e mi sembra che ci siamo riusciti abbastanza bene, tu cosa ne pensi?

 Se devo essere sincero c’è stato un attimo in cui mi sono guardato attorno e mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, hai presente l’Ufo Club, il famoso locale underground londinese dove i  Pink iniziarono ad esibirsi? Si insomma … restando in tema musicale ti posso dire  …”Chiamale se vuoi … EMOZIONI”; a parte le battute, vorrei chiederti… quando hai iniziato a suonare la chitarra e soprattutto quando è nata la tua passione artistica-musicale nei confronti dei Pink Floyd?
Ti premetto che io sono un autodidatta della chitarra, dall’inizio della mia passione ormai sono passati più di cinque lustri … sembra ieri. Ricordo che ad un certo punto del mio percorso musicale mi sono trovato a dover scegliere tra Dire Straits e Pink Floyd. Beh, La mia scelta è caduta sui  Floyd perché rispecchiavano in maniera incisiva  la mia anima, il mio modo di essere.

Se non erro possiedi una strumentazione quasi identica a quella di Gilmour, quali sono le chitarre che usi nei tuoi concerti?
Magari poter avere tutta la sua strumentazione! Direi che con la mia riesco ad avvicinarmi molto a quel sound inconfondibile, ma replicare la strumentazione di un musicista che suona da più di 40anni credo sia  pressoché impossibile. Di solito cambio le chitarre in base al brano che devo eseguire, per cui si susseguono varie STRATOCASTER, TELECASTER,  LES PAUL, LAP STEEL e acustiche. Tutto al servizio dei brani da suonare.

Per la tua indiscussa bravura e per la tua voce molto simile a quella di David, molte persone ti chiamano “LEO GILMOUR”, ti lusinga questo paragone con il famoso chitarrista dei Pink Floyd oppure ti infastidisce, conoscendo il tuo carattere molto riservato.
Certo, mi lusinga moltissimo, essere associato ad una persona di quel calibro credo farebbe piacere a chiunque, anche se un po’ il paragone mi imbarazza …

Pink Floyd. Solo a pronunciarne il nome vengono i brividi, alla fine di ogni concerto riservi sempre delle parole di ringraziamento nei loro confronti per avere scritto della musica che resterà immortale. Avverti sul palco questa grande responsabilità nell’eseguire le loro canzoni.
Ho  molto rispetto verso le cose che faccio. La musica dei P.F. è senza tempo, mentre suono avverto una forte responsabilità nell’eseguire i brani che loro  hanno scritto, e vedere a fine concerto la gente estasiata mi fa percepire che il compito è riuscito … diciamo che mi sento come se avessi contribuito anch’io a scrivere quella musica.

Simon Reynolds, uno dei più autorevoli critici musicali contemporanei ha scritto nel suo ultimo libro –RETROMANIA- : “L’era pop in cui viviamo è impazzita, gruppi che si riformano, reunion tour, album tributo e cofanetti ecc …” . E se il pericolo più serio per il futuro della nostra cultura musicale fosse … il passato? Un tempo il pop ribolliva di energia vitale, perché non sappiamo più essere originali? Cosa succederà quando esauriremo il passato a cui attingere? Riusciremo a emanciparci e a produrre qualcosa di nuovo?” Ti chiedo Leo: le tribute band sono una componente di questo fenomeno, molto spesso si sentono giudizi negativi in merito a queste, o meglio qualcuno le definisce un “ mercimonio “ sulla musica di altri. Tu cosa ne pensi?
A dire il vero io la vedo un po’ diversamente: portare in giro una musica come quella dei Floyd, è come farlo con la musica classica, e mi spiego meglio: Paganini, Mozart, Vivaldi, Verdi, Toscanini ... non esistono più ormai, nonostante ciò la loro musica continua a vivere grazie ai musicisti contemporanei che la propongono  e la fanno conoscere in tutto il mondo. Anziché definirlo mercimonio parlerei piuttosto di opportunità, soprattutto per i più giovani di poter conoscere ed apprezzare certa musica, grazie a chi intende prendersi l’onere di farlo, aggiungo che qui a Verona ogni anno si svolge il festival della musica lirica, e proprio quest’anno si celebra il centenario di questa importante manifestazione, poter assistere a spettacoli quali: Aida, Nabucco, La Traviata, Il Trovatore, Rigoletto del grande Giuseppe Verdi non sia altro che offrire a milioni di appassionati la possibilità di rivivere emozioni uniche e irripetibili in una cornice fantastica quale l’Arena. Credo che tutto questo non si possa definire mercimonio. La musica dei Pink Floyd, con tutto il rispetto, si può considerare immortale e noi con la nostra passione e sacrificio, cerchiamo di offrirla a tutte quelle persone che con affetto ci seguono nei nostri concerti. E’ capitato ancora alla fine di uno spettacolo di essere avvicinati da qualche adolescente che ti dice “ascolto i Pink Floyd perché il mio papà a casa ha tutti i loro dischi, non ho mai potuto vederli dal vivo se non in qualche filmato. Per questo sono venuto a vedervi questa sera con i miei amici, vi ringrazio per le grandi emozioni che mi avete regalato, adesso ho le idee molto più chiare e capisco perché mio padre li ami così tanto!” secondo te questo si può definire mercimonio?

Ok, sei stato chiarissimo. Dopo l’ultimo tour che ha toccato le più importanti città italiane, tour che ha fatto tappa anche in Belgio e Olanda, riscuotendo un successo strepitoso, mi sai elencare quali differenze hai potuto cogliere fra queste due realtà e qual è  in particolare un ricordo che ti è rimasto nel cuore?
Suonare per me è sempre stata un’opportunità meravigliosa a prescindere dal luogo. Certo, suonare all’estero è stata un esperienza nuova. Rendersi conto di come la musica unisce i popoli, a prescindere dalla razza, una lingua diversa …  sicuramente è un esperienza che spero si possa  ripetere. Fra i tanti ricordi uno dei più belli senza ombra di dubbio è stato condividere con il gruppo queste emozioni.

Secondo il tuo parere qual è il segreto del vostro successo e in quale aspetto i Big One devono ancora migliorare?
Non c’è un segreto in particolare, credo che il pubblico che ci segue abbia capito quale sia tutto l’amore e la passione che noi riversiamo in quello che stiamo facendo, avendo molto rispetto delle intenzioni di chi ha composto la musica che stiamo suonando, poi per quanto riguarda il migliorare penso che si cerchi sempre, come nel nostro vivere quotidiano,  di farlo. Comunque credo che i Big One nel corso di questi ultimi anni,( e lo dico con molta umiltà )siano cresciuti molto a livello professionale, e di questo sono molto orgoglioso.

C’è una canzone alla quale sei più legato e  che in assoluto ami suonare maggiormente?
A dire il vero non esiste” una canzone “o “la canzone “che amo suonare maggiormente, a seconda del periodo ne preferisco una o un’altra, dipende sempre molto dal mio stato d’animo, dal momento che sto vivendo, la verità è che è molto difficile per me stilare un ordine di preferenze sulle canzoni dei P.Floyd … mi piacciono tutte!

Credo non sia facile svolgere un’ attività professionale per tutta la settimana per poi calarsi nei panni di un musicista acclamato o viceversa. Come fai a gestire tutto questo?
Non so … mi piace pensare di avere due personalità: una lavorativa/quotidiana ed una artistica/musicale. Mi definisco un musicista che svolge un lavoro ordinario per poter vivere … ( sorriso…).

Progetti futuri per te e i Big One … hai qualche desiderio nascosto?
 Progetti futuri? Suonare, suonare, suonare. Ormai è diventata una necessità, passano gli anni ma non posso farne a meno, desidero solo suonare. Mi auguro di tornare all’estero perché ho avvertito nella gente la voglia di ascoltare la musica dei Pink Floyd, soprattutto la produzione meno recente, che è quella che noi preferiamo, quindi se devo esprimere un desiderio mi piacerebbe ritornare in Belgio e Olanda, nei loro locali che assomigliano molto come caratteristica al famoso Ufo Club che avevi menzionato prima.

Ok Leo, ti ringrazio nuovamente, ci vediamo al prossimo concerto.
Ciao Giampy, sono io che ti devo ringraziare per tutto quello che fai, con passione e tanta professionalità, vorrei cogliere questa occasione per mandare un saluto a tutti i lettori di Mat2020 e soprattutto a tutte le tribute band che come noi, con enormi sacrifici girano l’Italia nel segno della musica. A proposito, dobbiamo caricare gli strumenti sul furgone se vogliamo ritornare a casa, cosa ne pensi? Andiamo?

P.S. per la cronaca nel viaggio di ritorno prima di Bergamo ci siamo imbattuti in una bufera di neve che ha rallentato, non di poco, il nostro rientro a Verona avvenuto verso le ore 4. Quasi tutti alle 8,30 dovevano presentarsi sul posto di lavoro , è stata dura ma anche  per questa volta ce l’abbiamo fatta, per una serata così ne valeva proprio la pena … frammenti di vita di una tribute band … alla prossima, il vostro inviato.

                                                                                                 Gian Paolo Ferrari – TAXI ROCK