giovedì 3 gennaio 2013

Fabrizio Poggi-Harpway 61


Quattordici brani, quattordici città americane, quattordici tappe che legano un luogo ad un grande armonicista - Little Walter, Big Walter Horton, Sonny Boy Williamson I e II, James Cotton, George Harmonica Smith, Junior Wells, Slim Harpo, Paul Butterfield, Charlie Musselwhite, Sonny Terry, DeFord Bailey, Peg Leg Sam e Johnny Woodsa loro va il pensiero dell’autore.
E’ questo l’ultimo tributo di Fabrizio Poggi, grande bluesman italiano, alla causa del blues.
Harpway 61, questo il titolo dell’album, presenta un significativo risvolto sociale, in quanto tutti i proventi derivanti dalle vendite dell’album sono destinati alla Blues Fondation di Memphis - che ha prodotto e pubblicato il CD -, associazione internazionale che si occupa della diffusione del blues e tende una mano ai  musicisti blues in difficoltà.
In un’intervista apparsa su MAT2020 ponevo a Fabrizio alcuni quesiti, uno in particolare va a fondo sul significato del progetto.

Cosa rappresenta per te, in questo particolare momento della vita, “Harpway 61”, il tuo omaggio ai grandi dell’armonica blues?

Era qualcosa che avevo in testa da parecchio tempo. Dai tempi di “Armonisiana” un disco apprezzato da tanti appassionati che mi hanno chiesto più volte di dare un seguito a quell’avventura. Cercavo un modo per restituire qualcosa ai musicisti che mi hanno davvero ispirato e guidato durante la mia ormai lunga carriera, un modo per aiutarli  nel momento del bisogno (e sono ancora tanti i bluesmen che vivono in situazioni di disagio, soli e dimenticati). Ecco perché ho pensato di donare tutti (e sottolineo tutti) i proventi ottenuti dalla vendita del disco alla Blues Foundation di Memphis, l’associazione internazionale che si occupa di diffondere  e preservare il blues, e di aiutare i musicisti blues in difficoltà. Quindi questa volta acquistare la mia musica è anche un modo per fare un po’ di bene.

L’arte non si esprime a comando, e non basta un nobile fine per decretare automaticamente il valore di una creazione, ma Harpway 61 ha un’identità musicale ben precisa.
Parliamo intanto di uno strumento che diventa protagonista, l’inseparabile armonica che Poggi alterna normalmente al canto. In questo caso è lei la regina ed è con lei che Fabrizio si lancia nel sentiero della ricerca e della perlustrazione estrema, creando quel prolungamento dell’io che diventa il miglior mezzo possibile per trasferire sentimenti e sollecitazioni.
L’America, il blues, i musicisti di quei luoghi, sono la vera casa di Fabrizio Poggi, e… chi non darebbe l’anima per la propria terra, per i propri amici, per rinsaldare le proprie radici!?
Siamo al cospetto di un viaggio, di un itinerario speciale, studiato a tavolino, non certo pensando alla vacanza, ma ideato per realizzare tante  piccole soste, cercando ogni volta un posto confortante, capace di aiutare a realizzare la migliore performance possibile, perché l’obiettivo è  un inchino, un omaggio ad uno dei tanti “maestri” di vita, capaci di influenzare schiere di futuri musicisti.
Incredibile l’art work di  Dan Dalton, capace di interpretare perfettamente la filosofia blues, attraverso i suoi dipinti.
Un disco incredibile, adatto a qualsiasi pubblico, con un obiettivo supplementare - o primario? -  da evidenziare più volte, quello della beneficenza.
Ecco nei dettagli il pensiero di Poggi sulla Blues Foundation.

Mi racconti qualcosa della Blues Foundation? Cosa si può fare per alimentarla?

La Blues Foundation di Memphis, è come ho già detto, l’associazione internazionale che si occupa di diffondere  e preservare il blues, e di aiutare i musicisti in difficoltà, ma non è solo questo. E’ l’organismo più indipendente, affidabile e autorevole nel mondo della musica afroamericana. E’ la Blues Foundation che ogni anno assegna i Blues Awards (gli Oscar del blues) attraverso il voto on line di tutti i suoi affiliati. Inoltre la fondazione organizza la Blues Challenge una “sfida” tra solisti e band, nomi noti ed emergenti, che trovano un pubblico selezionato a cui affidare la propria musica. I B.B. King e i Muddy Waters di domani potrebbero arrivare da lì. La Blues Foundation promuove il blues nelle scuole e da qualche tempo si è fatta carico di istituire un grandissimo museo del blues da lasciare a futura memoria. Un’impresa titanica che forse solo il suo geniale deus ex machina Jay Sieleman poteva intraprendere. Credo che sia dovere di ogni appassionato di blues (ma non solo visto che il blues è in qualche modo la madre di tutte le altre musiche) iscriversi alla Blues Foundation e partecipare alle sue attività. Visitate www.blues.org e date anche voi il vostro contributo. Non costa molto ma darà una grande mano alla causa. 

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