venerdì 6 aprile 2012

Storie di Rock-Innocenzo Alfano



Storie di Rock è l’ultima fatica di Innocenzo Alfano, scrittore che alterna saggi politico-sociali ad altri musicali.
Ed è proprio per la musica che, alcuni anni fa, l’ ho conosciuto. La nostra costante corrispondenza, in alcuni casi collaborazione, mi ha permesso di costruire una sua immagine che ritrovo appieno in questo volume, e che è opportuno spiegare, benché siano ovviamente solo opinioni personali.
Storie di Rock” è una raccolta di storie vere trattate senza compromesso alcuno; nessuna tendenza al compiacimento di chicchessia, ma ricerca dell’oggettività condita con convincimenti personali che, ovviamente, possono essere confutati. Il tutto incorniciato dal periodo storico, dalle vicende sociali e da elementi che spesso passano inosservati ai più.
Parliamo di oltre cinquant’anni di musica, di artisti che hanno inventato ciò che prima non esisteva, di perle musicali che rimarranno immortali. Ma anche in epoche “easier”, momenti in cui il successo era più a portata di mano, strani meccanismi hanno realizzato una sorta di sperequazione relativa al rapporto  valore/successo, e di fatto qualcuno ha vissuto e vive di gloria esagerata, mentre grandi talenti sono rimasti nell’ombra, dimenticati, o rimasti realtà locali. 
Nel corso della lettura mi è capitato due volte di fermarmi e chiedere spiegazioni, o effettuare ricerche in rete, per  saperne di più di un nome presentato da Alfano  che io non conoscevo. Per chi possiede curiosità musicale, questo libro può rappresentare l’apoteosi dell’effetto domino, e questo mi pare già un grande successo. Di fatto la tendenza di Enzo a dare un po’ di vera luce a chi ha vissuto nell’ombra, ridimensionando chi, secondo lui, è stato sopravvalutato, aiuta nella scoperta del nuovo, perché considero nuovo tutto quanto non sia conosciuto.
Ho pensato a questo book e ad Alfano pochi giorni fa, quando visitando il sito di un musicista, ho trovato una frase di Aristotele, di circa 2500 anni fa. La cito testualmente:
“… solo chi padroneggia un’arte può essere un bravo giudice … “ , e ancora: “ Non bisogna però che la pratica dell’arte si trasformi in un’educazione professionale (e per professionale intendiamo l’educazione che ha di mira le competizioni), perché in questo modo l’allievo non pratica l’arte in vista della sua propria eccellenza, bensì in vista del piacere degli ascoltatori, e questo piacere è grossolano, per cui tale esecuzione non la riteniamo propria di uomini liberi, ma piuttosto roba a pagamento”.

Anche in “Storie di Rock” viene ribadito uno dei cardini della filosofia musicale di Alfano, che si potrebbe riassumere in … “Non si può parlare di musica se non la si conosce …” , laddove la conoscenza è riferita anche alla tecnica. Esiste secondo Alfano la possibilità di stabilire una netta distinzione tra musica di qualità e musica di basso livello, cosa di per se  incontestabile, ma con la difficoltà di stabilire secondo quali canoni oggettivi una musica è buona  o meno buona, e una volta trovata la soluzione, indagare se sia più importante ricevere forti emozioni da una musica “minore”, piuttosto che il nulla assoluto -può capitare- proveniente dall’eccellenza musicale.
Digressioni interessanti, su cui si potrebbe ragionare per ore rimanendo ognuno della propria idea, e che evidenzio perché i lavori di Alfano hanno qualcosa che molte altre opere non hanno, e cioè la capacità di lasciare segnali indelebili della propria personalità - tracce che con un minimo di volontà e interesse si potrebbero attutire o addirittura cancellare- e tutto questo non ha niente a che vedere con lo stile e la tipologia di  scrittura.
Si parte dagli albori, dai primi vagiti rock americani ed inglesi, con la presentazione di alcuni festival, famosi e non, musicisti storici, catturati sempre negli aspetti meno conosciuti, con un nome, quello del chitarrista John Cipollina dei Quicksilver Messenger Service, che ricorrerà spesso col progredire delle pagine.
E poi l’Italia raccontata attraverso musica e romanzo( quello di Mauro Pagani), gli album dal vivo, e la rivalutazione (ma in tanti lo stanno facendo)  di chi, purtroppo, ha brillato per troppo poco tempo (Acqua Fragile).
Terza sezione dedicata allo stabilire alcune verità, a evidenziare parte di una lunga lista di “furti e scopiazzature” musicali, a esaltare il quinto Beatles (George Martin), a descrivere la situazione di “Nemo profeta in patria” di Hendrix, sino a giungere ad esperienze concertistiche personali, approfondendo  la paura di invecchiare dei The Who.
Ultimo quarto di scrittura dedicato al sound di San Francisco, con una parte che conoscevo poco, quella relativa alle vicende dei vari Fillmore e al re degli organizzatori, Bill Graham.
Ogni album trattato è corredato da Set List e Track List, e spesso viene sviscerata la parte tecnica, spiazzando forse quei lettori non forniti di basi musicali, ma anche in questo caso ciò che può apparire ostico può trasformarsi in opportunità di nuova conoscenza.
Un libro pieno di particolarità e di angoli bui -illuminati a giorno da Enzo- in cui normalmente non si va mai a curiosare, dando per scontato che non ci sia niente di interessante da vedere. Non è facile trovare cose nuove da dire, l’editoria è piena di trattati musicali che sviscerano argomenti di dominio pubblico, almeno in superficie, ma la peculiarità di Innocenzo Alfano è proprio quella di stupire senza che questo sia da considerare un esercizio ad effetto, ma piuttosto il mettere sul piatto la carta della curiosità che, se recepita nel modo corretto, servirà a colmare delle lacune, a e far sì che la “verità” non ci sia imposta dall’esperto di settore, ma derivi da  valutazioni personali.
Le affermazioni di Innocenzo Alfano danno spesso fastidio a chi viene toccato in prima persona, e quando mi trovo a passare nei paraggi del suo interloquire … spesso mi perdo. Certo è che Enzo mostra in ogni  occasione il suo rigore intellettuale, sicuramente un valore  da aggiungere alle sue skills e alla sua passione musicale. E questo contenitore ne è un’ulteriore riprova, tra storia, storie e musica senza tempo.

A seguire propongo due filmati, due esempi di mie scoperte fatte grazie ad Enzo.
La prima è relativa alle serate conclusive del Fillmore West con un incredibile band funky, i Cold Blood. Era il 1971, e I brani sono You Got Me Hummin & I Wish I Knew How It Would Feel To Be Free.




Nella stessa occasione si esibirono “It’s a Beautiful Day” e il brano si intitola White Bird.




Presentazione e biografia di Innocenzo Alfano fruibili al seguente link: