martedì 8 novembre 2011

I BIG ONE visti da Gian Paolo Ferrari

Un nuovo amico, Gian Paolo Ferrari, ci racconta il concerto dei Big One di Elio Verga.

Nei prossimi giorni cercherò di scoprire qualcosa di più…




Elio Verga – chitarre

Leonardo De Muzio – chitarra solista e canto

Claudio Pigarelli e Stefano Righetti – piano,hammond, sinth

Paolo Lemmi – basso e canto

Alessandro Iannantuoni – batteria e percussioni

Marco Scotti – sax

Rosanna D’Auria e Debora Farina – cori

Cesare Tescari – responsabile tecnico audio-video

Gian Paolo Ferrari – pseudo giornalista-rompiscatole


Martedi’ 13 settembre 2011 – TEATRO BLUE NOTE di MILANO-

in TOUR CON I BIG ONE-

“Ciao Gian, sei il benvenuto ! noi ci troviamo alle 14.00 a S.Lucia per caricare il furgone. Partenza 14,30. Quando ci vediamo decidiamo se usare taxi o nostre auto. Tu comunque sei dei nostri”(sms ricevuto domenica 11 settembre alle ore 17.20 da Stefano Righetti- piano, hammond, sinth dei Big One)

Vorrei partire da questo sms per raccontare la mia straordinaria esperienza vissuta martedì 13 settembre allo storico Jazz Club Blue Note di Milano con i BIG ONE in concerto.

Qualche anno fa, credo fosse il 2005 per la precisione, mi ero messo alla ricerca delle cover-band che facevano riferimento ai miei gruppi preferiti degli anni ’70, Genesis e Pink Floyd. Relativamente ai Genesis avevo scoperto un famoso gruppo canadese: THE MUSICAL BOX, eccezionali! Riproponevano i loro spettacoli con luci, scenografie, costumi, effetti e diapositive originali dell’epoca, vennero addirittura in tournè quello stesso anno con lo spettacolo ‘The Lamb lies down on Broadway’, peccato che il biglietto che avevo acquistato per il concerto di Bologna del 2 febbraio 2005 fosse, in pari serata, stato annullato per problemi organizzativi. Deluso ed amareggiato non mi persi d’animo e continuai nella mia ricerca; invece per quanto riguarda i Pink Floyd, leggendo un articolo su di un giornale locale, mi incuriosì molto il nome di una band : i BIG ONE, un dettaglio molto importante era che questo gruppo aveva radici veronesi, dalle notizie a disposizione era attivo dal 1990.

Nel settembre 2005 i Big One tennero un concerto al Teatro Romano di Verona, colsi subito al volo l’occasione per andare a vedere questo gruppo, ricordo ancora che seduto nelle prime file davanti al palco, aspettavo con ansia l’inizio del concerto, nella speranza di non restare deluso. Durante l’esecuzione della bellissima ‘Shine on you crazy diamond’ chiusi gli occhi, ebbi la sensazione di essere su un sentiero e di sentire in lontananza una musica conosciuta, a mano a mano che mi avvicinavo a questo suono, mi accorgevo di conoscere quelle atmosfere e quel sound inconfondibile: era la musica dei Pink Floyd. Con la mente andai indietro nel tempo, mi apparvero le immagini di quando, adolescente, frequentavo le scuole superiori, gli amici, le discussioni, i primi amori. Aprii gli occhi, emozionato, erano i Big One! Da quel momento è iniziato, in me, l’interesse verso questi ragazzi.

Rimasi subito sbalordito dalla loro bravura, anche se quella sera da parte loro si percepiva una certa emozione, fu un bellissimo concerto, anche se con qualche sottile sbavatura; avevo capito, però, una cosa importante: questo gruppo aveva dei margini di miglioramento notevoli.

Ritornai sempre al Teatro Romano nell’agosto del 2009, in occasione del trentennale dell’uscita del disco ‘The wall’. Quella sera i Big One riproponevano tutti i brani del disco originale, ancora una volta rimasi affascinato dal suono e dallo spettacolo offerto, la differenza era che, rispetto al concerto del 2005, questi ragazzi avevano fatto dei progressi mostruosi, l’emozione era sparita, suonavano e cantavano come i Pink Floyd, sicuri dei propri mezzi con una naturalezza disarmante. Ricordo di essere andato a quel concerto con dei miei amici, da me invitati, i quali non conoscevano i Big One, ma dirò di più, loro erano molto scettici su questo spettacolo, ebbene già all’esecuzione delle prime canzoni, mi dissero : “scusa Giampy, avevi ragione, questi sono forti davvero, sembrano veramente gli originali!” .

Per tale motivo, visto che i vecchi Pink Floyd erano andati oramai in pensione, a parte Gilmour e Waters che proseguivano a fasi alterne la loro carriera solistica, pensai bene di seguire e di avere come punto di riferimento questo nuovo gruppo.

Dopo questa breve cronostoria, arriviamo al 2011, conoscendo uno dei membri del gruppo, Stefano Righetti, autore appunto del famoso sms introduttivo a questo scritto, avevo l’opportunità di seguirli da vicino nell’ultima data del loro tour, al teatro Blue Note di Milano; il mio scopo era quello di poter realizzare un articolo, in merito a questa esperienza, da pubblicare sul giornale per il quale scrivo. Finalmente riuscivo a raggiungere il mio obiettivo!.

Così martedì 13 settembre alle ore 14.00 salivo in auto per dirigermi sul luogo del nostro appuntamento, durante il tragitto nella testa mi ronzavano tanti pensieri: chissà come mi accoglieranno, cosa penseranno di me, non sono un giornalista né un addetto ai lavori, sono solo un tassista appassionato di musica che, per giunta, scrive per un giornalino il quale viene letto da circa 200 colleghi, tutto questo in effetti mi sembrava molto anomalo; come sempre pensai di lasciarmi guidare dal mio istinto e dall’ esperienza accumulata nel mio lavoro; infatti so riconoscere subito a ‘pelle’ se un cliente mi può creare disagio o qualche problema durante il mio servizio, lo capisco da come si presenta, da come parla e da come si comporta. Pertanto avrei usato questa mia risorsa per capire meglio come sarebbe trascorsa questa giornata ‘diversa dalle altre’.

Con questi dubbi arrivavo a destinazione, parcheggiavo il mio taxi e subito dal lato opposto della strada scorgevo il furgone con Stefano alla guida, intento in una difficile manovra di parcheggio. Vicino a lui sul ciglio della strada riconoscevo Elio Verga, mi avvicinavo e ancora prima di presentarmi, lui mi anticipava venendomi incontro dicendo: “ so già tutto ! Stefano mi ha parlato di te, come stai tutto bene? “ davanti a questo approccio così semplice e spontaneo, i miei dubbi sparivano in un attimo, e dopo essermi presentato agli altri membri del gruppo: Leonardo, Claudio, Paolo e Rossana, (quest’ultima già conosciuta in un’altra occasione)dopo qualche scambio di battute in merito ai miei tatuaggi, cercavo di rendermi utile nel caricare gli strumenti. Nel mentre pensavo a questo approccio positivo, ai miei timori, svaniti nel nulla, di essere considerato un ‘oggetto misterioso’, arrivai alla conclusione che, alla fine, i valori della musica, come sempre, uniscono e non dividono mai!

La sala prove dei Big One non era altro che un garage facente parte di un complesso condominiale. Elio mi confidava di essere alla ricerca di una nuova locazione più comoda ed agibile, poiché nello stabile ogni tanto si registrava qualche problema, infatti, puntuale prima della partenza si avvicinò un condomino che, nonostante il caldo insopportabile, cominciò a discutere con i ragazzi, tirando in ballo argomenti assurdi e ridicoli, che riguardavano il parcheggio di un’auto; si sa il caldo può fare certi effetti!. In disparte, assistevo tra il perplesso ed il divertito alla scena, e coglievo l’occasione per fare una foto ricordo con il mio telefono .

Subito mi venne alla memoria una canzone dei Genesis, tratta dall’album Foxtrot del 1972 “ Get ‘em out by Friday’, infatti il testo di questa canzone non è altro che una divertente disamina del problema degli alloggi, vista con un’ironia dal retrogusto amaro. Il signore in questione, infatti, poteva benissimo essere identificato nel personaggio del crudele funzionario immobiliare Winkler che cercava in ogni modo di sfrattare la signora Barrow e famiglia. Visto che la noiosa, seppure pacifica, discussione non volgeva al termine ed il caldo diventava sempre più insopportabile, nella più totale disperazione, cominciai a pensare ad un altro disco dei Pink Floyd ’Animals’,album nel quale il genere umano viene descritto in tre categorie: cani, pecore e maiali, mi risuonava l’intro di Pigs – the differente ones- “big man, pig man, ha-ha, charade you are” e mi chiedevo… ma perché proprio adesso!

Finalmente il signor ‘Winkler’, scusate il condomino, dopo essersi stancato come tutti noi di stare sotto il sole cocente a discutere di futili argomenti, decideva di rientrare a casa, dopo questa perdita di tempo, si poteva partire, comunque nel frattempo, pur rimanendo fermi, si era sudato parecchio !.

Leo e Paolo partivano con il furgone, io con Claudio, Stefano, Rossana ed Elio, seduto al mio fianco, facevo strada con il mio taxi, Debora Farina ( seconda corista) ancora impegnata a quell’ora con il suo lavoro d’insegnante di canto, ci avrebbe raggiunto più tardi a Milano con mezzi propri, ove si sarebbero fatti trovare anche: Alessandro Iannantuoni, il batterista e Marco Scotti, il sassofonista.

Dopo un tragitto tranquillo, alle ore 17 arrivavamo a destinazione, Via Borsieri n. 37, teatro Blue Note, con molta fortuna riuscivamo a parcheggiare i nostri mezzi proprio davanti al teatro, così le operazioni di scarico risultarono semplici e non difficoltose. Una volta entrato mi rendevo subito conto dell’importanza di quel locale, sulle pareti che circondavano il teatro vi erano le foto degli artisti internazionali che si erano esibiti, ne cito in merito uno solo: Louis Amstrong.

Il palco non era molto grande, ma proporzionato al locale, nel posizionamento degli strumenti i ragazzi dovettero ‘stringersi un pò ( della serie: io ti lascio 1 cm. davanti e, tu mi lasci 3 cm. di fianco), nel frattempo venivamo raggiunti da Alessandro e Marco. Alessandro si presentava subito con un’esplosione di vitalità e simpatia, e veniva esortato dagli altri a muoversi in fretta nel montaggio della sua batteria, visto che i tempi per l’inizio delle prove di soundcheck cominciavano ad essere stretti. Durante questa fase di allestimento generale, io in disparte avevo modo di osservare, con attenzione, tutte queste operazioni ed alcuni componenti del gruppo. Elio, con la sua calma serafica, sembrava proprio il ‘padre/fratello’, dall’alto della sua esperienza controllava che tutto stesse procedendo per il giusto verso, Leo-perfezionista, attento e meticoloso curava tutto nei minimi particolari, era l’unico a lavorare con i guanti, d’altronde pensavo che un chitarrista della sua elevata bravura, negli assoli ‘gilmouriani’ non poteva rischiare di rovinare le sue preziose mani.

Alessandro, il batterista, come tutti i drummer di razza, era il più casinista, in continuo movimento parlava e scherzava con tutti, Paolo, il bassista, che come me ama il prog anni ’70, all’apparenza persona calma e tranquilla , sul palco, invece, quando arriva il momento di suonare, si trasforma in un mix di energia esplosiva; il mio amico Stefano e il suo collega Claudio, alle tastiere, si dimostravano solari e sempre pronti alla battuta, sembrava quasi che nulla li potesse turbare,

Marco, il sassofonista, arrivato in dolce compagnia, dato che il suo strumento non necessitava di ‘montaggi particolarmente impegnativi’, dedicava le sue attenzioni a cose più tenere e dolci…

Verso le ore 19 iniziavano le prove di soundcheck, finalmente musica! I ragazzi dopo una prova microfoni, partivano con Money e Another brick on the wall, notavo molto affiatamento con il responsabile tecnico della sezione multimediale, il milanese Cesare Tescari, persona molto gentile che da quanto avevo intuito, doveva condividere con me la stessa fede calcistica. Ogni istante che passava, nell’osservare le prove, mi rendevo conto di quanto fosse stato naturale ‘entrare a far parte’ di questo gruppo, merito loro di aver creato quell’atmosfera che mi faceva sentire partecipe del loro lavoro, esempio lampante, durante la prova microfoni, Paolo iniziava a cantare la prima strofa di ‘Carpet crawlers’ dei Genesis, in quel momento ebbi un sussulto, avrei voluto essere sul palco al suo fianco; era bastato incrociare il suo sguardo per capire che era stata una sua personale dedica nei miei confronti ( confermata da lui stesso durante una pausa). Questi sono i dettagli che fanno la differenza e che non si dimenticano, grazie ancora Paolo.

Alle ore 20 circa si sospendevano le prove, tutto sembrava ok. Elio mi invitava a raggiungerlo per andare a cenare, con gli altri componenti, nella zona superiore del teatro (galleria), da lì risultava una panoramica molto affascinante dell’ambiente, il palco posto al centro circondato dai tavoli preparati per la cena, a cui iniziavano ad accedere alcuni spettatori, dava proprio l’idea di quanto fosse unico e particolare questo locale. Elio mi spiegava che in tutto il mondo ve ne erano solo tre, con la stessa tipologia e lo stesso nome, il Blue Note di Milano era uno di questi e, qui, i Big One avevano già suonato diverse volte. Mancava meno di un’ora all’inizio del concerto, tutti stavano aspettando Debora, che dalle ultime notizie telefoniche era rimasta bloccata nel traffico caotico di Milano, speriamo bene! pensavano i ragazzi durante la cena e, come una fata eccola comparire. Dopo aver salutato i compagni, si accorgeva della mia presenza ed anche lei con aria semplice e spontanea ( probabilmente è un marchio di fabbrica della band) mi salutava e mi chiedeva se anch’io ero un musicista, alla domanda mi venne da ridere avrei voluto tanto rispondere di si, ma l’unica cosa in comune, a parte l’amore per la musica, non erano altro che le parole finali: musicista… tassista. Elio le spiegava chi ero ed il motivo della mia presenza, poi,dopo aver cenato, tutto il gruppo si spostava nei camerini per una breve pausa di relax e per il cambio d’abiti, naturalmente io continuavo ad essere sempre al loro fianco.

Anche in questo frangente, notavo che i ragazzi erano tutti molto tranquilli, non lasciavano trasparire alcuna emozione o, se c’era, la sapevano mascherare molto bene, naturalmente il più casinista risultava sempre Alessandro, infatti tutti si erano vestiti di colore nero e lui era l’unico ad indossare una maglietta di colore giallo/avorio che era in netto contrasto con l’eleganza della serata. Questo confermava, ancora una volta, che il batterista in una band è sempre quello più fuori di testa! Certamente, vi era un abisso tra il suo look e la bellezza, l’eleganza delle coriste Debora e Rossana!. Tra una battuta ed una risata, il buon Elio ricordava a tutti che era il momento di cominciare lo spettacolo. Era la prima volta che, ad un concerto, mi potevo muovere a mio piacimento, potendo scegliere la posizione migliore, decidevo di restare nella parte superiore del teatro, in galleria, dall’alto potevo avere una visione totale del palco ed essendomi posizionato di lato, potevo osservare con attenzione lo stile di Alessandro alla batteria ed ammirare la bellezza delle coriste Debora e Rossana.

Aveva proprio ragione Elio, il Blue Note ti fa respirare un’atmosfera unica ed inconfondibile, il pubblico seduto ai tavoli ha finito di cenare, su ogni tavolo si trova una candela accesa, regna una calma ed una tranquillità assoluta, si spengono le luci... lo show stava per iniziare .

Sulle note dell’inconfondibile ‘Shine on you crazy diamond’, prima traccia del famoso album del 1975 ‘Wish you were here’, che i Pink Floyd dedicarono a Syd Barret, non solo come amico assente, ma simbolo di un periodo felice nella vita della band. I Big One sembrano prendere per mano questo ricordo per offrirlo a tutto il pubblico presente nella sua più limpida freschezza, un’interpretazione fedele all’originale, molto bello l’assolo al sax di Marco nel finale, non poteva esserci un inizio migliore. Se vale il detto ‘chi ben incomincia è a metà dell’opera’ evidentemente siamo già sulla buona strada. Si passa velocemente al secondo brano in scaletta ‘Astronomy domine’, prima traccia dell’album ‘The piper at the gates of dawn’, canzone composta da Barrett nel 1966; il brano inizia tra voci distorte, segnali morse ed il criptare costante della batteria di Alessandro, per poi esplodere con tutta la sua forza, è un pezzo che io amo molto, poiché la batteria ha un ruolo principale ed importante e, si sente.

Il pubblico presente applaude convinto, in effetti l’esecuzione del gruppo è stata perfetta, il terzo brano in scaletta ‘Fat old sun’ dall’album ‘Atom heart mother’, canzone scritta da Gilmour nel 1970, classica ballata con chitarra acustica, che Leo esegue in maniera impeccabile, canzone che parla del passato e dei ricordi, quei ricordi che sono il segno della fine dell’adolescenza con il passaggio all’età adulta. Anche questa esecuzione, da parte di tutto il gruppo, è impeccabile ed il pubblico presente inizia a gratificare tutto questo con applausi sinceri e calorosi. Io dall’alto, posso osservare tutto questo con soddisfazione. Si riprende con la canzone ‘ High hopes’ del 1994 dall’album ‘ The division bell’, scritta sempre da Gilmour, l’intro di questo brano, con le campane, ricorda molto quello di ‘Fat old sun’.

Non credo sia stata una causalità che in scaletta si sia fatta, appunto, questa scelta; bellissima l’esecuzione nell’insieme, osservo Elio che sembra quasi dirigere il gruppo, Debora e Rossana con le loro voci accompagnano Leo in un impeccabile assolo finale, con la chitarra slide.

Paolo presenta la successiva canzone ‘Sheep’ dall’album ‘Animals’ del 1977, il brano inizia con il tranquillo belare delle pecore che sono inconsapevoli del pericolo che incombe su di loro.

Tale pericolo prende corpo nell’incedere del basso di Paolo che sovrasta le tastiere di Stefano e Claudio, con l’ingresso della batteria di Alessandro, tutto il gruppo entra in scena esplodendo in un ritmo incalzante con le famose strofe introduttive della canzone: “ harmlessly passing your time in the grassland away; only dimly aware of a certain unease in the air.” Il ritmo è trascinante, al termine di questo pezzo: applausi a scena aperta, veramente un’esecuzione incredibile!

Per calmare le acque dell’entusiasmo si riprende con ‘Marroned’ brano strumentale scritto da Gilmour e Wright nel 1994, sempre tratto da ‘The division bell’.

Belle le immaginI proiettate in contemporanea dallo schermo, e qui bisogna ricordare i grandi meriti di Cesare Tescari, il tecnico che dirige e coordina tutto il sistema audio e video, vera anima nascosta, senza il suo apporto indispensabile difficilmente nello show si potrebbe raggiungere questo perfetto coordinato binomio di musica ed immagini . Come sempre Leo con la sua chitarra si prende la scena, anche perché il pezzo è incentrato principalmente sul suo assolo. Di seguito , sempre dallo stesso album, segue il brano ‘Coming back to life’ canzone scritta da Gilmour e dedicata alla moglie, i sintetizzatori di Claudio e Stefano aprono l’esecuzione che lentamente si trasforma nell’assolo di chitarra delicato di Leo, per poi cambiare ritmo nell’accompagnamento della batteria di Alessandro ed il basso di Paolo. Chiusa la parentesi del 1994, si passa ad ‘Another brick in the wall’, l’inconfondibile arrivo dell’elicottero , le immagini, le coriste e tutto il gruppo, in questo famoso pezzo, confermano la loro bravura, accompagnati dal pubblico ormai coinvolto nel cantare il conosciuto ritornello; mi rendo conto di quanto sia perfetta l’esecuzione del pezzo, mi sentivo orgoglioso e soddisfatto per tutto quello che i ragazzi stavano offrendo ai presenti.

Con ‘One of these days’ dall’album ‘Meddle’ del 1971 Paolo si può scatenare con il suo basso che la fa da padrone, nel suo incedere martellante, solo a metà della canzone si ode l’unica frase presente “ one of these days i’m going to cut you into little pieces” (uno di questi giorni ti ridurrò a piccoli pezzi), frase pronunciata da Nik Mason, rivolta ad un dj della BBC mal sopportato da Roger Waters; e proprio dopo questa frase i Big One investono il pubblico con una vera e forte ondata musicale in chiusura del brano, lo stesso ricambia con applausi sentiti e scroscianti.

Si chiude la prima parte del concerto con la famosa e delicata ‘On the turning away’ del 1987 tratta dall’album ‘ A momentary lapse of reason’, il brano è una lunga ballata, dove gli strumenti entrano uno dopo l’altro, prima le tastiere di Stefano e Claudio, poi la voce di Leo- Gilmour ed a seguire tutti gli altri in un crescendo che termina con il famoso assolo finale. Al termine di questo pezzo il gruppo si concede al pubblico nelle consuete presentazioni di rito, applausi a non finire e breve pausa prima dell’inizio della seconda parte dello spettacolo.


Con Alessandro esco fuori dal teatro alla ricerca di un attimo di relax per scaricare la tensione e per fumare tranquillamente una sigaretta in buona compagnia, egli mi chiede un giudizio su questa prima parte del concerto, io in modo molto sincero gli rispondo che tutto era andato per il meglio e che ad ogni modo bastava ascoltare i commenti entusiastici delle persone che, come noi, erano uscite per lo stesso motivo, effettivamente (non voglio esagerare) tali commenti erano positivi ed euforici. Fuori dal teatro la serata è magnifica, la temperatura gradevole, l’atmosfera lunare, con queste sensazioni si può ricominciare, il proseguo dello spettacolo non poteva che essere dei migliori e promettente, anche perché in scaletta si sarebbe ripreso con l’intera esecuzione del celeberrimo album ‘ The dark side of the moon’ del 1973.

Per questa seconda parte scelgo di avvicinarmi al palco per avere una visione migliore e per stare più vicino possibile ai ragazzi, credo sia superfluo descrivere nel dettaglio l’esecuzione, nel completo,dei brani di ‘the dark side of the moon’, perché partendo da ‘Speack to me’ fino ad arrivare ad ‘Eclipse’ i Big One nell’insieme confermano, tra l’ennesimo entusiasmo generale del pubblico presente, quale sia la loro bravura, brani eseguiti in maniera impeccabile senza sbavature, un capitolo a parte penso sia doveroso nei confronti delle due coriste Debora e Rossana, sentirle cantare nella famosa ‘The great gig in the sky’ è veramente un’emozione incredibile, non fanno assolutamente rimpiangere il famoso assolo vocale originale, eseguito nel 1973 da Clare Torry. Debora e Rossana sono molto affiatate tra di loro ed è un piacere vederle muoversi a ritmo di ‘Money’ in un ballo dalle movenze sensuali ed affascinanti. Sia chiaro che stiamo parlando di due vere cantanti, la loro presenza non è certo una cornice di contorno, ma anzi fanno parte integrante del quadro e le loro interpretazioni vocali risultano fondamentali nell’ambito dello show.

Dopo questa doverosa precisazione, continuo nella cronaca del concerto che, dopo l’esecuzione dell’intero ‘the dark…’ accolto dal pubblico in un crescendo di applausi di approvazione, arriviamo agli ultimi pezzi in scaletta: ‘Wish you were here’ e ‘Shine on you crazy diamond’ (pt.2). Quanti ricordi in questa canzone, è sempre da brividi l’introduzione fedele all’originale, fatta di suoni confusi registrati, persone che stanno ascoltando una vecchia radio con una frequenza che non è delle migliori, per poi passare ad un accenno della quarta sinfonia di Cajkovsky, fino ad arrivare alla stazione che suona l’introduzione di wish you… e qui parte Elio con la sua morbida chitarra nei famosi e conosciuti accordi iniziali della canzone, per poi lasciare a Leo ed alla sua dodici corde il ritornello del famoso brano che viene cantato da tutto il pubblico, ormai come me coinvolto nella maniera più totale dall’esibizione fornita dalla band, che non si smentisce nemmeno con il brano successivo, penultimo in scaletta ‘Shine on you crazy diamond –pt.2-‘. Mi sembra di notare Paolo, ormai esausto, un po’ in difficoltà, mentre Elio nonostante i suoi problemi fisici, è riuscito a tenere la scena in maniera impeccabile, ah ! magico potere della musica….! e degli antidolorifici !.

Incrocio lo sguardo di Leo, disperatamente cerco conferme sull’esecuzione di Comfortably numb. Con uno sguardo d’intesa mi fa capire che sarà l’ultimo brano a chiudere lo spettacolo, ed infatti eccoci arrivati al termine, con questo bellissimo brano, forse una delle più belle canzoni mai scritte da Gilmour, l’esecuzione è veramente splendida, nell’assolo finale Leo non si smentisce, davvero bravo questo ragazzo ! Sono ancora convinto che il 3 luglio scorso a Milano non avrebbe sfigurato nel famoso duetto con Roger Waters nell’esecuzione dello stesso pezzo, durante il concerto di ‘the wall’. Ma i Big One sono stati tutti bravi nell’insieme. L’apoteosi e gli applausi sinceri del pubblico al termine del concerto lo confermano. Una serata da ricordare!

Sono molto felice anche per Elio, che sembra quasi non godere appieno questo successo, già mentalmente preso dai prossimi futuri progetti.

Dopo l’euforia del concerto ed i numerosi complimenti ricevuti dal pubblico presente, la band, dopo una pausa, si rimette al lavoro, bisogna smontare tutto con pazienza e caricare gli strumenti per il ritorno a casa. Fa un certo effetto vedere il locale vuoto, con il palco in fase di smontaggio, vengo preso da una leggera malinconia, sento il bisogno di uscire un momento per rivolgere uno sguardo al cielo, per un saluto che ,più avanti, spiegherò meglio che cosa vuole significare per me.

Considerate che lo spettacolo è terminato verso le ore 00,30. La partenza da Milano per il rientro è stata verso le ore 2,00 circa. Pensate quindi a quanto lavoro e sacrificio queste persone devono affrontare per continuare nel loro progetto musicale. Il viaggio di ritorno risulta molto tranquillo, dopo aver fatto una leggera deviazione per accompagnare a casa Alessandro ( che confermo- anche sul taxi è un uragano di parole ed energia) ,mi dirigo finalmente in direzione Verona, il furgone con Paolo e Stefano mi precede. Elio, Leo e Claudio si addormentano, io abituato ai miei turni notturni inizio a carburare Alle ore 4,30 venivano portate a termine le operazioni di scarico ed ognuno, dopo i rituali saluti, poteva rientrare, finalmente, a casa propria a dormire. Ho voluto essere così dettagliato negli orari per ricordare che il giorno dopo, qualcuno sarebbe dovuto rientrare sul posto di lavoro! Questa è la conclusione di una bellissima giornata!

Per terminare, ora voglio ringraziare Elio Verga per la sua cordiale gentilezza e disponibilità, e lo stesso ringraziamento voglio rivolgerlo indistintamente a tutti i componenti del gruppo, siete stati splendidi nei miei confronti. Perdonatemi se nel mio scritto ho citato spesso Alessandro e Leo ma, cercate di capirmi, la batteria è lo strumento che amo ed adoro Leo, artisticamente parlando, per la sua semplice e disarmante bravura nell’esecuzione dei suoi mitici assoli.

E adesso? cari amici, io ho cercato di fare del mio meglio per far vivere, a tutti voi, un concerto dei Big One visto da dietro le quinte ( come si dice in gergo), ho cercato di farlo nella maniera più sincera seguendo l’istinto del mio cuore, come premesso io non sono un giornalista oppure un addetto ai lavori, in futuro mi piacerebbe tenervi informati su tutto quello che ruota attorno alla nostra band, e quindi avendo iniziato con un sms questo articolo ora lo voglio concludere allo stesso modo : con l’ennesimo sms, questo ricevuto da Elio Verga il 23 settembre 2011: “ ciao GianPaolo, ti ringrazio per l’interessamento che hai per il nostro gruppo e sono impaziente di legger il tuo articolo, che farò pubblicare sul nostro sito. Attualmente siamo in fase di riposo per smaltire i 20 concerti estivi che abbiamo fatto in tutta Italia. Il prossimo studio e realizzazione sarà ‘Atom heart mother’; ci impegnerà per un bel po’… fin da adesso riceviamo prenotazioni per concerti da tenere la prossima estate. Uno degli avvenimenti più importanti della nostra programmazione 2012 sarà la realizzazione di un concerto sul fiume Po, sui zatteroni, giugno 2012, lo studio è organizzato e patrocinato dal Comune di Cremona con la partecipazione di diversi Comuni limitrofi al fiume Po. Molto probabilmente, a dicembre, torneremo in Sicilia per un grande spettacolo, ormai siamo di casa in quella splendida isola. Un abbraccio”.


Immagini di repertorio


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