mercoledì 29 luglio 2009

Concerto a Savona:Bruce, Trower and Husband


Ero un ragazzetto, forse adolescente, a completo agio negli anni '70.
Anche allora le pubblicità televisive dettavano legge, ma la serie “Carosello”, ad esempio, è qualcosa che i nostri figli potranno seguire solo attraverso youtube, ed è un vero peccato.

Tra i tanti “consigli” televisivi ce n’era uno che ci spingeva ad acquistare “La gomma del ponte”, la mitica “cincingomma” Brooklyn.
Ho ricordi sfuocati relativi alla durata dello spot, ma non posso dimenticare la colonna sonora.
Variava nel tempo, ma io ricordo bene Hendrix, i Led Zeppelin e i Cream… robbetta da niente!
Credo proprio di essere arrivato a Clapton, Bruce e Baker attraverso questa pubblicità.

Il titolo del loro brano era “Traintime”, e ho bene in mente l’armonica di Jack Bruce che simulava l’andamento di un treno.


Rammento anche di aver successivamente litigato “violentemente” con un D.J. che sosteneva che i Cream non avevano mai usato un’armonica a bocca.
Tutto questo lungo preambolo per dire che giovedì scorso mi sono trovato davanti Jack Bruce, accompagnato nell’occasione dall’ex Procol Harum Robin Trower alla chitarra, e dall’ex Level 42 , Gary Husband.

È stata una settimana musicale a cui non avrei mai potuto immaginare di partecipare.
Martedì Eric Burdon da lontano, mercoledì Pamela Des Barres da vicino, giovedì Jack Bruce e company.

Sono sul lato sinistro del palco e riprendo da vicino la seconda parte del concerto (la prima parte ero seduto in platea).
Non so dove ho trovato il coraggio per spingermi così tanto, ma Zibba, organizzatore dell’evento assieme a Marco Traverso (ovvero i “signori “Raindogs), mi lascia gentilmente “lavorare” senza protestare.

Il concerto finisce e incomincia il rito della falsa fine e dell’attesa, prima del bis.
I tre musicisti sono in un angolino del palco, al buio, a due metri da me che li osservo mentre parlano tra di loro.
Immagino che chi subisce il fascino dei musicisti che hanno fatto la storia del rock possa capirmi.
Davanti a me persone inarrivabili, artisti visti solo sulle copertine dei vinili, e ora a un passo dalla mia videocamera.
Di fronte a me la mia giovinezza lontanissima, anche se la sensibilità nei riguardi dei tanti aspetti relativi al rock è probabilmente sintomo di freschezza interna.

Ritornano sul palco per il canonico bis ed è un successo.



Il brano finisce, Bruce si gira verso la mia direzione, pronto a “scappare”.
Sul suo volto è sparito il pur debole sorriso, per lasciar posto ad uno sguardo tra il serio e il funereo.
Provo a chiedergli un autografo ma senza riscontro… tira dritto e sparisce.
Trower e Husband si dimostreranno più cordiali.

Il mio concerto era iniziato nel tardo pomeriggio, quando mi ero recato al Priamar per “rubare" il soundcheck.

Avevo solo scontrato la band in uscita a fine prove, constatando, da dietro, la piccola statura di Jack Bruce.
Qualcuno mi aveva poi raccontato di un Bruce abbastanza decadente nel fisico, forse eccessivamente affaticato… 67 anni sono ormai la norma per i nostri rock heroes!

Il primo atto del concerto prevede l’esibizione di Zibba e Alma Libre.
Pubblico è numeroso, ma ancora una volta non è pienone.
Zibba e Marco Traverso si presentano e forse... si trattengono .
Un mezz’ora di buona musica, con un ospite di estremo valore, Rigo Righetti, già bassista di Ligabue.
Ma probabilmente anche loro hanno voglia di vedere all’opera il supergruppo.

Ho rivisto i Cream.
Il sound è quello e Jack Bruce è un forte elemento condizionatore.
“Sunshine of your love”, “White Room”… come non fare paragoni!?
Emozioni e ricordi si mischiano allo sforzo di valutazione oggettiva.
Il pregio di questa formazione è forse quello di essere costituita da tre grandi solisti, e il limite è quello che l’amalgama non sempre è evidente: tre eccellenti musicisti che forse sono poco “gruppo”.

Qualcuno il giorno dopo mi ha fatto notare che Husband è davvero di una “leva” inferiore, che non significa minor qualità, ma la differenza di età è riscontrabile anche sulla tecnica.
Ma queste insignificanti disquisizioni spariscono, svaniscono, come con Winter, Majall, Clapton, quando rifletto su chi ho avuto l’opportunità di ascoltare e vedere.
E ogni volta che assisto ad un concerto di ultrasessantenni penso sempre che potrebbe essere l’ultima occasione per vedere miti che, da un momento all’altro, potrebbero decidere di godersi un meritato riposo, lontani dalle scene.

E nei miei piccoli vanti quotidiani risulta piacevole poter dire:”… io, ancora una volta, c’ero!”




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