martedì 6 gennaio 2009

Mellow Candle


I Mellow Candle , eccezionale quanto incompresa band irlandese di fine ’60, furono un lampante esempio di come spesso la storia non renda giustizia a coloro che, alla fine, solo il tempo tributa, inevitabilmente una gloria postuma.
Giovanissimi fautori di un raffinato ed intelligente folk Rock dalle venature celtiche e psichedeliche, tanto originale era la loro proposta musicale rispetto ai canoni dell’epoca, da risultare ai più, difficilmente fruibile.
Bizzarre persino le loro vicende personali, avendo tutto inizio..fra le mura di un convento di Dublino, ove le “germinali” cantanti della futura band si trovavano per studiare.
Là, nel 1963, le giovanissime Clodagh Simonds, Alison O’ Donnel e Maria White, tracorrevano le serate tra compiti, preghiere e..Radio Luxembourg, condividendo la loro passione per la musica e il loro innato talento vocale e compositivo;basti pensare soltanto che ”Lonely Man”, uno dei pezzi che sarebbe successivamente confluito nel loro unico album “Swaddling Songs”, fu scritto da Maria White all’età di 12 anni!
Obbligatorio e alquanto naturale fu il passo successivo, ovvero formare una band tutta al femminile col nome di The Gatecrashers; incoraggiate dalle suore stesse, testimoni compiacenti del grande talento delle allieve, decisero, dopo qualche esibizione all’interno del convento stesso, di inviare una demo al dj Colin Nicol di Radio Luxembourg, il quale la passò al produttore discografico della SNB inglese Simon Napier Bell .
Grazie a quest’ultimo il loro primo singolo “Feeling High”, distribuito dalla CBS, col supporto di un’orchestra di 22 membri , vide la luce:ma ahimé, le aspettative furono presto deluse: il 45’’non riscosse il tributo tanto agognato e l’etichetta fallì poco dopo.
Anche le ragazzine si persero di vista, dislocate dalle loro famiglie in altri collegi e direzioni.
Ma il destino, si sa, è bizzarro, e dopo due anni, si ritrovarono e ricongiunsero formando i Mellow Candle, questa volta anche con due elementi maschili, il batterista Dave Williams e il basissta Pat Morris ; dopo aver suonato di spalla ai Chieftains incisero, nel 1971, e con una nuova line-up (Frank Boylan al basso, Dave Williams alla batteria, mentre Maria White aveva lasciato il gruppo), il loro unico e splendido lp “SwaddLing Songs” per la Decca.
Nonostante innumerevoli apparizioni, fra il 1969 e il 1972, di spalla a gruppi ampiamente confermati come Steeley Span, Fairport Convention, Genesis e Donovan , e positivamente segnalati da John Peel e dal magazine Melody Maker, la fama e la gloria tardavano ad arrivare.
Considerati troppo esoterici ed ostici per essere inseriti nel corrente mainstream dai promoters e dai managers stessi, la fiamma dei Mellow Candle si estinse debolmente, dopo qualche altro tiepido barlume, nel 1973.
E l’ironico fato comune ad altre stelle incomprese del folk investì anche i Mellow Candle: riscoperto dai collezionisti, ”Swadding Songs” assurse a novello Sacro Graal della musica, e fu ristampato in limitata tiratura di 3000 copie; pare che fu l’album più costoso ad emergere dai polverosi magazzini della Decca, e anche questo contribuì a creare una sorta di mito intorno a questa band irlandese così bistrattata dalla loro epoca.
Eccezionale, originale sono solo due degli aggettivi che si affacciano alla mente quando un accattivante pianoforte introduce la meravigliosa voce dell’allora sedicenne Alison O’Donnell in “Heaven Heath”. Rarefatte, sospese tra cielo e terra,”Waterman Weatherman” e “ Sheep Season”, sono tutte incentrate sull’alternanza di ambo le vocalists O’ Donnell/Simonds , che si librano su un fraseggio di strings e pianoforte tanto articolato e apparentemente complesso, quanto raffinato e sui generis; quasi impercettibile la batteria accompagna discretamente ogni componimento.


Dai toni nettamente più psichedelici, suggeriti ancora una volta dal volteggiante piano e ulteriormente giocato sul virtusosismo canoro e visionario delle giovanissime lead-singers,in ”Break your Token”sono assenti quei componenti “elettrici” tipici della psichedelica, riscontrabili invece nella seguente “Lonely Man” sicuramente più d’impatto e meno eterea , ove le precedenti strings liquefatte acquistano qui una decisa connotazione elettrica.
Ma ecco che un nuovo cambiamento di stile entra in gioco: è una sezione ritmica schiettamente prog a sposarsi con una tematica indiscutibilmente folk a coniare questa sorprendente “Dan the wing””ed è inutile sottolineare come tutto sia in funzione delle insuperabili vocals femminili: ritmi spezzati,repentini cambi di accento, forse furono proprio queste virtù “istrioniche” a tarpare le enormi, colorate ali di farfalla della eccelsa band gaelica.
”Lords of the Greengrass”è al contario un breve intermezzo strutturato su un duetto classicheggiante e romantico di pianoforte e su un andamento vocale via via più celeste e dilatato, quasi da diventare un’eco divina ed angelica. Delicata, notturna la successiva “Silver Song”, inevitabilmente richiama la pacata malinconia consona agli Spirogyra, e forse non è un caso che negli ultimi mesi di vita dei Mellow Candle, fu proprio Steve Borril degli Spyrogyra a unirsi al gruppo; emozionanti, ad imporsi sono ancora la O’Donnell e la Simonds , ma questo è ormai comprovato così come nell’esoterica e marcatamente celtica” Boulders on my grave”, brano per cui il quintetto viene maggiormente ricordato insieme a “Reverend Sisters”soffusa ballad esplicitamente dedicata al periodo giovanile di studi al convento.
Ironica,fuori da qualsiasi schema precostituito,”Crabtree”è una sorta di inno hippy degno della migliore tradizione d’oltreoceano in cui stavolta anche le voci maschili hanno una parte dominante: ancora una svolta stilistica e la canzone si chiude con un’omaggio all’Irlanda, e tale si protrae fino alla chiusura dell’opera con l’oscura “Pretty Polly” e la greve, commovente “The Virgin Prophet”, squisito “solo” di Alison O’Donnell e accompagnamento di pianoforte.
Brano che darà il titolo ad una raccolta postuma , ad opera dei collezionisti , sia delle canzoni del disco che di registrazioni inedite dal 1969 al 1970, sentito omaggio e doveroso tributo ad una delle più grandi (e disgraziatamente sottovalutate) bands del circuito folk(Brionia Meriggi).


Sheep Season




Citazione d'autore:
"In gran parte i mariti sono come li fanno le mogli"(Erasmo Da Rotterdam)


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