martedì 13 gennaio 2009

Intervista a Jerry Cutillo



Da un po’ di tempo mancano dal blog le interviste che tanto mi divertono.
Anche in questa occasione, semplici quesiti riescono a completare l’immagine di un personaggio, di un gruppo, di un modo di vivere.
La mia cavia odierna si chiama Jerry Cutillo, leader di OAK, gruppo romano ascoltato alla Convention dei Jethro Tull ad Alessandria.
In linea generale posso dire che le domande fatte a Jerry, così come in passato quelle sottoposte a Lincoln Veronese e Giacomo Lelli, o più recentemente le testimonianze di Lorenzo Costantini, ovvero musicisti e non solo musicofili, raccontano di vite in cui io mi ritrovo, gusti musicali simili, modi di pensare affini, che hanno come denominatore comune la musica dei Jethro Tull.
Tornando a Cutillo, l’idea che mi sono fatta è quella di un musicista “aperto”, non fossilizzato su un filone particolare, a proprio agio sul palco, in bilico tra voce e differenti strumenti, ma molto sensibile agli aspetti più reconditi, legati alla parola “musica” .
Credo che ogni persona al mondo, indifferentemente dall’età , ceto sociale ed educazione, subisca il fascino di una melodia o di un ritmo, elementi che conducono alla “canzone cantata in compagnia” o alla necessità irrefrenabile di muoversi, ma la predisposizione alla ricezione degli stimoli musicali, la consapevolezza che il momento creativo è l’atto terminale di una situazione da “stato di grazia”, non è elemento allaportata di tutti.

Ma ascoltiamo il Jerrypensiero.

A.E. Gli OAK, alla Convention di Alessandria, hanno colpito tutti quelli come me, che ne avevano solo letto, senza aver avuto esperienza diretta. Come nasce il progetto OAK ?

J.C. Nasce 15 anni fa su mia iniziativa. Provenivo da diverse esperienze artistiche tra le quali una di notevole successo commerciale (We just, sigla di Discoring ai primi posti delle classifiche europee) ma avvertivo un forte richiamo per le atmosfere rock avanguardistiche con connotati etno-pscichedelici. Non fu affatto semplice motivare dei giovani e inesperti musicisti ( quelli appartenenti al primo line up) ad intraprendere un percorso così ambizioso ed impegnativo. Neanche l’inserimento nel repertorio di alcuni brani dei Jethro Tull (in quegli anni peraltro caduti in disgrazia ) sembrò facilitare il compito.Tuttavia in qualche modo cominciammo e, stringendo i denti, costruimmo una credibilità che si è protratta fino ai nostri giorni.

A.E. Prima di vedervi sul palco, ho avuto modo di passare qualche ora con voi, le vostre famiglie e i vostri amici arrivati da Roma, e mi è rimasta l’impressione di un forte coinvolgimento e di un “cemento”, a mio avviso tipico degli appassionati di musica. Cosa pensi di quella che io chiamo “la magia delle note ?”.


J.C. Il coinvolgimento della sera a cui ti riferisci mi è sembrato piuttosto “alimentare” anzichè “magico” o “passional musicale”. La “magia delle note” è un’altra cosa, e mi riferisco ai rituali che rappresentano il mistero della creazione e dello scopo dell’uomo nell’universo, alla trance sciamanica nelle pratiche di guarigione, ai riti che sublimano la percezione d’unione, alla partecipazione e alla condivisione di eventi altamente culturali e spirituali e al potere della musica, evocatrice di ricordi.

A.E. Sul palco pomeridiano ho visto musicisti giovani alternarsi a più “maturi”, il tutto miscelato ad elementi storici ed inossidabili. Il risultato è sempre stato ottimo e allora ti chiedo, esistono differenze tecniche marcate, tra un bassista che ha suonato a Wight (nell’occasione con cresta tricolore) ed uno che non ha avuto questa chance, o è solo la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto ?

J.C. Innanzi tutto il mio pensiero va a tutti i componenti degli OAK che non hanno potuto partecipare all’evento (e sono più di una dozzina), poi riguardo alle eventuali differenze tecniche potrei aggiungere che non sempre ci sono o sono udibili all’orecchio di un ascoltatore medio. Nel caso specifico invece del nostro spettacolo le differenze in alcuni casi si sono sentite eccome, in altri un po’ meno. Dobbiamo anche considerare il fatto che i miti a cui facevi riferimento non sono più certo quelli di una volta, comunque sia la loro brillante carriera continua a fare la differenza.Il discorso diventa invece più complesso in relazione alle chances di successo. C’è un brano dal nostro ultimo cd “Filosofisenzalibri” che è stato ispirato dalle teorie casualistiche di Jaques Monod. Tutto sembrerebbe accadere per una rete straordinaria di fenomeni che interagiscono e progrediscono orientati dal caos magmatico dell’universo. Le volontà umane ne rappresentano soltanto la cornice anche se alcune volte possono risultare determinanti. Tornando ai riferimenti musicali è indubbio che, agli albori del rock e della nascita del business musicale su vasta scala, fosse favorevole sotto tanti aspetti formare una band e intraprendere la carriera artistica .

A.E. Dal dopo Alessandria ho instaurato una fitta corrispondenza con un tuo chitarrista, Lorenzo Costantini, persona con cui parlerei per ore. Proprio ieri, mi faceva notare che tipo di energia avesse dimostrato sul palco Barlow, nonostante anche per lui gli anni siano passati.
Mi è venuto spontaneo raccontargli di come mio padre, attorno ai cinquant’anni, avesse ormai raggiunto lo status mentale di pensionato, e quindi assolutamente sedentario. Cosa comune per quei tempi. Mi riallaccio ad una domanda già fatta: è la musica che apre orizzonti infiniti, o è solo il momento storico e culturale che è favorevole ?

J.C. In base alla mia esperienza di musicista direi che principalmente è una questione di materia prima, di energia, di fantasia, di creatività, di capacità organizzativa e di coinvolgimento che rappresentano il collante che unisce e spinge verso traguardi ambiziosi.
Chi è in possesso di tali requisiti riesce a cavalcare le 7 note, a fare miracoli e a trascinare chiunque e comunque.
Certamente se si è molto fortunati e intervengono altri elementi favorevoli si diventa primi con riconoscimenti assoluti molte volte ben al di là dei propri meriti, se invece si è particolarmente sfigati l’entusiasmo scemerà con il relativo ritardo nelle gratificazioni e subentrerà un senso di forte frustrazione. Poi tra le due ipotesi ci sono anche le mezze misure che sono accettabilissime e di cui ci si può vantare ed essere ugualmente orgogliosi.

A.E. Mi sei sembrato il trascinatore del gruppo, come ogni frontman che si rispetti, e forse anche quello che più si avvicina al personaggio di Anderson, relativamente alla tipologia di strumenti utilizzati. Alla fine tua sorella mi diceva, rispondendo al mio positivo stupore: “E’ sempre stato così lui, con la musica e con le lingue…..”
Chi è Jerry Cutillo ?

J.C. Per rispondere a questa domanda dovrei essere estremamente sincero ma poi diverrebbe tutto così estremamente soggettivo….per cui preferisco tralasciare questa risposta. 
Tuttavia, per non fare scena muta posso semplicemente dire che Jerry Cutillo è quello che avete visto.

A.E. Parlando di cloni, ho ascoltato una voce che mi ha fatto ritornare a Ian da giovane, quella di Paul Forrest dei Sossity. Anche nel parlare mi sembrava uguale ed è stata una piacevole sorpresa. Cosa mi dici di Paul e Marcie, dal punto di vista musicale, visto che sulla simpatia non si può discutere ?

J.C. Riguardo alla verosomiglianza “clonica” (ho coniato un nuovo termine) di Paul rispetto a Ian Anderson….beh….dovremmo scomodare il leader massimo per un suo commento personale (che comunque molto sinteticamente c’è anche stato da dietro le quinte durante l’esibizione dei Sossity sul palcoscenico principale). Invece per quanto riguarda la simpatia sono pienamente d’accordo con te infatti ho cercato sin dal principio di mostrarmi umile e amichevole con loro (forse anche troppo perché così si rischia di diventare unprofessional) e sono stato fortunatamente ricambiato con teneri sorrisi.
Con maggior tempo a disposizione potrei anche tracciare un profilo più particolareggiato 
della loro produzione ma … pazienza !

A.E. Avete presentato un brano vostro, e se ricordo bene è il primo da te scritto.
Esiste un’attività parallela rispetto agli O.A.K. ?
E ancora... 
come dicevo, alla Convention abbiamo assistito ad una miscela di musicisti OAK, 
ma esiste uno zoccolo duro nel gruppo ?

J.C. Ho già parlato dell’intento originario della band e di come tutto questo non sia, ad oggi, cambiato di una virgola. I due aspetti del gruppo, anche se apparentemente diversi tra loro, hanno da sempre convissuto e interagito creando un tessuto musicale variegato e senza limiti. Raramente vi sono state delle separazioni tra l’attività creativa del gruppo ed il suo medesimo tributo ai Jethro ma sono state delle pause momentanee nello sviluppo naturale e identificativo del gruppo. 
Ogni percorso artistico è puntellato da capitoli che tracciano il progredire di un lavoro e quindi, introducendo la tua ultima domanda, vi sono stati tanti zoccoli duri all’interno del gruppo e tante contaminazioni e finalità che hanno contribuito alla realizzazione di numerosi obiettivi degni di nota. Le esigenze del pubblico ed il dovere professionale di offrire sempre qualcosa di nuovo e di migliore prevalgono comunque sulla monotonia. Questa spinta verso nuovi orizzonti è la materia prima su cui si basa la longevità di un gruppo e necessariamente al suo interno vi deve essere una costante trasformazione.

A.E. Come e quando nasce la tua passione per la musica ?

J.C. Nasce nella mia stanza in una giornata di pioggia. Non potendo correre giù a giocare a - football provai a far funzionare l’anonimo regalo che si trovava all’interno di un pacco dono per la Befana recapitato a mio padre da parte del suo ufficio: Una fisarmonica !! Non nutrivo alcun interesse per quell’oggetto (ho sempre preferito un genere diverso di giocattoli) ma si rivelò comunque molto efficace contro la noia di quella giornata uggiosa e malinconica e velocemente riuscii a suonare tutte le melodie riportate nel foglietto illustrativo allegato.

A.E. Quali sono i tuoi riferimenti musicali più importanti ?

J.C. Sono tanti, troppi per essere menzionati ma forse, primo su tutti, il progressive anni ’70.

A.E. Qual è l’artista/gruppo a cui sei più legato ?

J.C. Affettivamente sono molto legato ai Jethro Tull perché il caro amico che mi introdusse alla musica rock aveva “Aqualung” ed il primo volume di “Litp”. Lui preferiva ascoltare la title track di quest’ultimo e i riverberi natalizi di “A Christmas song” per cui quelle atmosfere erano già familiari alle mie orecchie. Poi una sera in Piazza Farnese, in una delle mie prime sortite urbane insieme a lui (vivevamo in periferia) ci trovammo in una piazza affollata di freaks. In un angolo le note di una chitarra coloravano la nebbia d’autunno mescolandosi al canto di una figura esile e barbuta avvolta in un pastrano.
Più tardi, sulla via del ritorno, il mio amico mi rivelò che ciò che avevamo ascoltato erano le strofe di “Aqualung”. Pochi giorni dopo acquistai l’album e mi precipitai ad ascoltarlo all’interno della mia stanza momentaneamente spoglia di mobili e suppellettili per via del riverniciamento delle pareti.
Chi ama la musica sa che cosa vuol dire l’ascolto di un vinile con un buon impianto stereo all’interno di una stanza completamente vuota ! E chi conosce bene l’album in questione sa che cosa vuol dire la sua apertura con il riff iniziale della title track. Ricordo che la prima facciata scorse via tra lo stupore causato dai suoni e l’ipnosi indotta dall’immagine sulla copertina. Poi quando voltai il vinile non feci in tempo a razionalizzare e ragionare su quanto appreso che un altrettanto stravolgente riff mi proiettò nuovamente in un'altra dimensione !

A.E. La musica è anche la tua fonte di vita o hai attività parallele ?

J.C. Lo è stata per parecchi anni con fortune alterne e retribuzioni molto dissimili. 
Ho avuto infatti esperienze di spettacoli con cifre esagerate per un playback ed altre, veramente deprimenti, di episodi di grande impegno e preparazione senza però alcuna gratificazione economica. Per cui, infine, ho cercato e fortunatamente trovato un attività lavorativa stabile ed equilibrata che tuttavia mi lascia il tempo anche per altre cose.

A.E. Come riesci a far convivere la tua passione per la musica con gli impegni quotidiani (se hai anche un lavoro fuori dalla musica).

J.C. Con molta fatica ma anche in maniera molto naturale perché la musica è qualcosa di connaturato ed imprescindibile da sempre nella mia vita.

A.E. Come è cambiato nel tempo il tuo rapporto con la musica ?

J.C. E’ semplicemente aumentata la mia capacità produttiva e finalizzatrice.

A.E. Cosa giudichi importante… il testo, la musica, entrambi ?

J.C. Direi entrambi, anche se il mio background è prevalentemente musicale, considerata l’enorme mole di dischi inglesi e americani da me ascoltata ed il relativo handicap legato al discorso sulla madre lingua.

A.E. E’ importante essere costantemente presenti per restare a galla (riferito agli artisti) ?

J.C. Sono tendenzialmente una persona schiva e faccio vita riservata (quando posso). 
Tuttavia cerco di non mancare agli appuntamenti più importanti e quando necessario mi butto nella mischia e sciolgo le briglia alla parte più solare del mio carattere.

A.E. Meglio il Vinile, il CD o l’MP3 ?

J.C. Per i miei improvvisi flashbacks preferisco ovviamente il vinile. Per i samples da usare nelle mie produzioni sicuramente il cd e per un giro con la mountain bike nel bosco il meno ingombrante MP3.

A.E. La musica deve necessariamente essere divisa in categorie ?

J.C. Sì, da quelli che non la suonano.

A.E. Esiste musica per differenti età ?

J.C. Sì, per quelli che sentono di appartenere ad una data di nascita.

A.E. Cosa cercheresti di cambiare (sempre riferito alla musica) se potessi riscrivere la tua storia ?

J.C. Questa domanda mi fa tornare in mente la riflessione di un uomo in punto di morte. 
In un primo momento rinnega l’intero corso degli eventi pensando di aver potuto fare meglio o diversamente ma poi, infine, il suo pensiero si focalizza su tutte le vicende della sua vita fino a volerle rivivere una ad una così come sono avvenute.

A.E. Immagina una tua diversa collocazione: palco ? Produzione ? Solo ascolto ?
Organizzatore ? Scrittore ?

J.C. Non vorrei sembrarti presuntuoso ma mi piacerebbe interessarmi a tutte le attività sopraelencate.

A.E. Cosa salveresti della tradizione musicale italiana ?

J.C. Alcune cose, non troppe !

A.E. Perché ci siamo innamorati, da bambini, di canzoni di cui non capivamo una parola ?

J.C. Perché per innamorarsi non servono le parole.

A.E. Blues, Progressive o Jazz ? 25) Classica, Hard Rock o Punk ?

J.C. Di tutto un pò.

A.E. Provi a gettare il seme con la nuova generazione ?

J.C. Direi proprio di si. Ho buona memoria e ricordo ancora tutti i miei maestri di musica e di vita.

A.E. Musica scaricabile da internet o…..a costo contenuto, per vie tradizionali ?

J.C. Da ragazzo ero tra quelli che gridavano “La musica si sente e non si paga !”
Purtroppo questo determinò l’allontanamento dei gruppi dal nostro paese e io fui tra i 
più penalizzati dall’isolamento determinato da quelle contestazioni.
Il mio seguente professionismo non sciolse il nodo di questa spinosa questione e a tutt’oggi questo dibattimento mi sconcerta e io rimango per certi versi contraddittorio.

A.E. Fatti una domanda a cui non ho pensato !
J.C. Perché hai una volpe tatuata sul braccio ?
La volpe, con il suo spirito di adattamento e il suo rendersi invisibile rappresenta uno
straordinario esempio d’equilibrio tra integrità e contaminazione.

A.E. Sono solito dire che mi bastano 30 secondi di ascolto per capire se non risentirò mai più un brano, o lo risentirò per sempre.

J.C. Anche per me è la stessa cosa, ma vorrei aggiungervi che, inspiegabilmente, a volte questa percezione si verifica anche prima dell’ascolto stesso. Forse, a far da collante emotivo, dipendono anche i nostri stati d’animo e le vicende nelle quali siamo coinvolti in quel determinato periodo ?

A.E. Nel mio resoconto della Convention ho messo in evidenza come sia stato, a mio giudizio, l’avvenimento di tutti, potenzialmente possibile anche senza il Re in persona. 
Il mio sogno nel cassetto parla di una giornata da dedicare ai Jethro Tull, nella mia città, Savona, con tanta gente e gli OAK, il Lincoln Quartet, la Beggar’s Farm, tanto per citare chi già conosco. Avrebbe successo, secondo te, senza i big del regno di Ian ?

J.C. Successo di pubblico o di musica ?
Con Lincoln ci conosciamo dal ’98 e abbiamo fatto insieme molti spettacoli (è stato il nostro chitarrista per diverso tempo) riguardo agli altri invece, pur non conoscendoli benissimo, sono sicuro che ci sarebbe un piacere reciproco a dividere il palco in un evento simile.


A.E. Ho notato un forte link col fan club spagnolo. C’è qualche motivazione precisa ?

J.C. Il motivo principale è che Josè e Gabriela sono artisti di caratura internazionale ed abbiamo molte similitudini sotto il profilo umano, della creatività e dell’organizzazione.
E’ stato come incontrare di nuovo dei vecchi amici perché l’intesa è stata istantanea.
Paradossalmente gli OAK sono stati l’ultima band ad essere ospitata alla loro, Convention ma la prima ad ottenere diritto di replica anche per il loro prossimo raduno.

A.E. Cosa ci riserverà in futuro O.A.K. ?

J.C. Ancora tanta musica, perchè i nostri progetti rimangono molto ambiziosi. 
Sono infatti in corso i preparativi per il “Befana party” e i 40 anni dell’uscita di “Stand up”, poi riprenderemo la lavorazione del nostro nuovo cd interamente dedicato alle tradizioni siberiane (dove confidiamo nella partecipazione di membri storici dei Jethro), cercheremo di fare il nostro meglio per promuoverlo adeguatamente con un nuovo spettacolo multimediale (siamo in contatto con la compagnia di danze etniche siberiane “Aurora Borealis”) ed infine, la prossima estate, esordiremo con la prima ufficiale convention romana dedicata ai Jethro Tull replicando subito dopo con quella spagnola.


L'intervista è stata fatta alcuni giorni prima della celebrazione di Stand Up.
Io non avevo ancora avuto modo di ascoltare i lavori di Jerry, quelli che non sanno di pregevole cover, ma sono lavoro originale.
L'ascolto mi ha... sorpreso .
Non mi aspettavo musica così unica e difficilmente collocabile in una categoria (se proprio fosse necessario
In ogni caso , fornisco gli elementi per arrivare a O.A.K.





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IL NUOVO




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