giovedì 29 maggio 2008

Carly Simon

In questa mia settimana di blog, dedicato alle donne della musica , proseguo con Carly Simon.
Io la ricordo essenzialmente per “
You’re So Vain”, pare dedicata a Mik Jagger.
Molti anni fa, quando il brano uscì, rappresentò per me una mera canzonetta commerciale.
Oggi la rivaluto in quanto, avendo abbandonato ogni tipo di i preconcetto, mi risulta piacevole l’ascolto.
Ma ciò che in questo caso mi ha colpito è una vecchia intervista di Massimo Verdelli, scovata in rete , che ripropongo fedelmente.
Quello che emerge è un esempio di vita comune e conosciuto un po’ in tutte le famiglie.
Per non dimenticare che anche le star sono colpite da ciò che spesso, troppo spesso, affligge i comuni mortali…….

Conversazione con una delle voci più ascoltate dell'America sensibile alle questioni sociali degli anni Settanta, che ha vinto di recente la battaglia più dura, quella contro un cancro al seno.
Un periodo comprensibilmente difficile di cui Carly ricorda i momenti più duri e da cui è nato un vibrante lavoro discografico, "The Bedroom Tapes".
Carly Simon è una donna forte, dal carattere indomabile, una delle lady che hanno fatto grande la canzone femminile americana negli anni Settanta.

Figlia dell'America benestante e liberal (suo padre è stato tra fondatori della Simon & Schuster), folksinger e attivista del movimento anti-nucleare, a 55 anni può dire di aver attraversato il fuoco e aver visto la fine del tunnel.
E' tutto contenuto in "The Bedroom Tapes", l'appassionante e appassionata confessione di una donna tutta sola che a una dolorosa crisi personale ha risposto con il suo lavoro, un vibrante lavoro discografico "all by herself".

Tre anni fa le è stato diagnosticato un cancro al seno proprio in un momento delicato della sua carriera. "
Non è stato un periodo semplice .Tre anni fa circa ho cominciato ad avere i primi problemi. Qualsiasi cosa scrivessi mi sembrava inadatta. Pian piano ho perso fiducia e poi... Poi mi è stato diagnosticato un cancro al seno e le cose si sono complicate con la chemioterapia, la paura di morire e...".

La voce si rompe per un attimo, al telefono. Ma è solo un soffio, dura un respiro. Poi riprende più forte di prima.

La signora Simon è nella sua casa di Martha's Vineyard, nuova residenza dopo aver lasciato New York.
Ha chiamato Kataweb per raccontare perché una cantautrice storica decide un giorno nella vita di fare tutto da sola.

Come ha superato la sua crisi personale?
"Ho scritto una canzone in onore di George Gershwin e ho capito che dovevo ricominciare da lì. Così ho trascinato tutti i miei strumenti nella stanza di mia figlia Sally. E ho cominciato a scrivere e a registrare".

Chiusa in una stanza per giorni e giorni, Carly Simon si è riappropriata del suo lavoro, ha imparato a far funzionare da sola un piccolo studio domestico. "E' stata una grande esperienza umana e professionale - ricorda - Lo studio distava soli venti passi dalla mia camera da letto. E' stato come ritornare dentro se stessi. Ho esaminato i miei sentimenti. Più che autobiografico Bedroom Tapes è profondamente personale, il disco più vero della mia carriera. La verità sprigiona gioia. Ho dimenticato il mio ego per tirare fuori l'anima".

Non è stato facile ripartire da capo, mentre nel mondo trionfavano le nuove signore del rock e il pop per adolescenti di Britney Spears e dei Backstreet Boys.
"Nella fase finale del lavoro - dice - ho vissuto 8 mesi di cupa depressione. Il disco mi sembrava oscuro. Ma ho superato anche questi momenti. L'industria della musica non dà facili gratificazioni. E io non sono Whitney Houston. So che non avrò lo stesso sostegno promozionale. Gli artisti creativi non emergono facilmente. Però mi tranquillizza pensare che un grande come Randy Newman non è popolare e continua a lavorare".

Gli undici brani che compongono "The Bedroom Tapes" sono spesso un ritorno alle radici, "Scar", "I Forget" e" In Honor of You " su tutti:
"Ho lasciato parlare la parte più vera di me, tanto diversa da quella di questi ragazzini che sgomitano per diventare i nuovi Elvis Presley. Non sanno nemmeno che cosa li aspetta, un'industria pronta a usarli e poi gettarli via, oggetti vuoti".


Mentre si appresta a pubblicare a pubblicare il suo quarto libro per bambini la cantautrice guarda già a quando pubblicherà la colonna sonora del prossimo film d'animazione Disney.
Come si sente adesso, signora Simon? "Come sto? Sono qui. Mi sento bene. Felice è una parola troppo semplice per fotografarmi oggi - conclude - Sono triste, confusa, grata, umile, esuberante, furiosa. Bella? No. Ma se mi guardo allo specchio apprezzo quello che vedo".


You're So Vain




Citazione del mese:

"Gli uomini si vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che subiscono" (Giacomo Leopardi)



mercoledì 28 maggio 2008

Sheryl Crow


Nel prossimo luglio , a Savona, la mia citta’, sarà di scena Sheryl Crow.
Io la conosco solo per il brano “All I Wanna Do”, che presento a seguire.
Ovvia la voglia di scoprirla.

Qualche cenno biografico.

Sheryl Suzanne Crow nasce l’11 Febbraio del 1962 a Kennet, una piccolissima cittadina rurale del Missouri posta quasi al confine con il Tennessee.
Terzogenita di una famiglia composta da appassionati musicisti , si avvicina sin da piccola alla musica seguendo a soli 5 anni le prime lezioni al pianoforte.
Nei primi anni 80 si laurea presso l’Università Statale del Missouri in composizione musicale, pianoforte e voce, per poi iniziare una breve carriera di insegnante presso una scuola per bambini disabili a St. Luis ( 1984 - 88) .
Dopo alcune fortunose collaborazioni con svariate case discografiche per la registrazione di jingles in veste di corista , nel 1988 viene ingaggiata per il Bad Tour di Michael Jackson : nonostante l’ampia visibilità tutto ciò non le serve da trampolino di lancio.
Seguirà così un periodo piuttosto buio e macchiato da un contratto discografico con la “A&M Records” andato in fumo.
La vera svolta arriva nel 1992: in uno studio di registrazione a Pasadena (California), un nutrito gruppo di validi musicisti,autori ed amici si riuniva per tenere delle jam sessions informali.
Il nome della formazione,per via del giorno delle varie riunioni,era “Tuesday Music Collective” (poi trasformato in “Tuesday Night Music Club” ) ed al suo interno spiccavano nomi importantissimi del panorama musicale di quegli anni: Bill Bottrel (noto produttore discografico e proprietario dello studio) David Baerwald e Kevin Gilbert.
Fu proprio quest’ultimo ,nel settembre dello stesso anno, ad introdurre all’interno della band la fidanzata Sheryl Crow.
Questa ragazza non aveva nulla da perdere ed anche quella piccola esperienza con quel gruppo di miti musicisti poteva,chissà,portare a grandi risultati.
Ebbene: il primo LP della cantante,”Tuesday Night Music Club” appunto, è stato concepito spontaneamente proprio all’interno delle sessions che seguirono all’incontro.
Nel corso degli anni,comunque,sia Bottrell che la stessa Sheryl ridimensionarono il mito che era stato creato dai fans su tutta la vicenda: infatti non tutti i brani scaturirono dalla collaborazione con i TNMC.
A quanto pare soltanto “Leaving Las Vegas” e “Strong Enough” rispecchiano per intero le atmosfere di quelle sere. Gli altri brani invece (“Run,Baby,Run”,“Can’t Cry anymore” ecc…) vennero scritti da Sheryl,Bottrell,Baerwald e Gilbert in sede separata e lontano dal frastuono delle svariate “Tuesday Night”.
Successivamente arrivò la consacrazione definitiva: l’album vendette 9 milioni di copie .
Gli album che seguiranno (1996 , 1998, 1999, 2002 , 2003, 2005 ) pur non ripetendo il successo dell’esordio, contengono un numero ragguardevole di brani da ricordare e delineeranno via via una distinta personalità musicale acquisita, è ovvio, con l’esperienza accumulata.

All I Wanna Do


Citazione del giorno:

"Una briciola d'oro non può comprare una briciola di tempo." (Proverbio cinese)

martedì 27 maggio 2008

Norah Jones


Alcuni giorni fa un amico mi chiede se voglio un CD di Norah Jones.
Di lei conosco solo “Sunrise “, ma già questo costituisce una garanzia.
Certo che lo voglio…”.
Lo metto nel lettore dell'auto mentre viaggio e i miei figli protestano… per un quarto d’ora e poi riconoscono caratteristiche non comuni.
Anche in giovane età la qualità, “difficile”, può superare gli stereotipi.
Si rimane incantati dall’atmosfera, dalla raffinatezza, dalla voce di Norah.

Qualche nota biografica.
Arriva a New York City , proveniente dalla provincia americana.
Artista di talento che, in sordina, ha in poco tempo sbancato le classifiche con musica "difficile" e poco commerciale.
Com'è stato possibile questo miracolo?
La storia di Norah Jones, in effetti, assomiglia a quella di film, al di là del fatto che, cercando fra le sue ascendenze familiari si scopre che è figlia niente di meno che di Ravi Shankar, ossia il musicista indiano che non solo ha insegnato a suonare il sitar a Geroge Harrison, ma ha anche influenzato musicisti "colti" del calibro di Philip Glass e John Coltrane.
Nora nasce il 30 marzo 1979 a New York City e trascorre la sua adolescenza a Dallas, nella periferia di Gravepine, dove la madre l'aveva portata dall'età di quattro anni.
Molto dotata fin da piccola, per sua stessa confessione deve gran parte della sua formazione e del suo ottimo gusto alla madre la quale, intuite le doti della figlia (a cinque anni si esercitava già al piano, mentre a sei ha inizia a suonare il sassofono contralto), non solo la porta in chiesa a cantare nei cori, ma la indottrina con i sacri vinili di Billie Holiday.
Il suo talento emerge con tutta la sua forza mentre frequenta la scuola superiore per le “Performing and Visual Arts”.
A sedici anni si esibisce nei locali notturni, ma le tappe verranno bruciate rapidamente.
Nel 1996 vince il Down Beat Student Music Award nelle categorie "Miglior Jazz e Migliore Originale Composizione", e nel 1977 il secondo SMA per " Miglior Cantante Jazz "nel 1997.
Nell'Università del Nord del Texas Norah si specializza in jazz piano.
Crea anche una band dallo stile "dark, jazzy rock", così come lei stessa un po' scherzosamente lo ha definito. Ma è l'estate del '99 che segna una svolta nella carriera di Nora, periodo in cui, dopo aver subaffittato un appartamentino nel leggendario Greenwich Village, si reca a Manhattan e inizia la sua inconsapevole scalata al successo.
Dapprima Norah appare sulla scena musicale newyorchese con la funk-fusion band "Wax Poetic", ma in seguito crea un suo gruppo con veri artisti.
Norah non solo canta, ma suona anche il piano, sia acustico che elettrico.
Forti dell'apprezzamento che ricevono dal pubblico, iniziano a registrare qualche demo-tape per la "Blue Note Records" (l'etichetta dei jezzofili "duri e puri"), per poi firmare un contratto con la stessa casa nel gennaio del 2001.
Debutta con due canzoni "Roxy Music's More Than This" e "Day Is Done Nick Drake", e si esibisce live con la band di Charlie Hunter.
Nel 2001 registra l'album che l'ha lanciata in tutto il mondo vendendo milioni di copie, "Come Away With Me", lavorando nello Bearsville Studio a Woodstock, New York.
Ad agosto lei e il suo gruppo incontrano Arif Mardin.

Si tratta del produttore e arrangiatore legato alle registrazioni di Aretha Franklin, Dusty Springfield, Laura Nyro, Roberta Flack, e Willie Nelson, solo per nominarne alcuni.
"Sono stata nervosa all'inizio. Non volevo un grande produttore che avesse fatto tutte queste registrazioni famose per entrare nella scena musicale e mi ha fatto paura dirgli ciò che pensavo. Ma Arif è il ragazzo più carino del mondo, molto facilone. Lui era lì a cogliere la mia performance e a rassicurami sul fatto che avrei avuto un'ottima registrazione. Arif ha avuto delle grandi idee".
"Come Away With Me", un album che vede la partecipazione di artisti di grande spessore, mescola elementi di jazz, soul, country e folk-pop in uno speciale ed unico sound ed è considerato un vero miracolo commerciale, a causa della raffinatezza della musica, dai manager delle case discografiche.
Norah Jones ha replicato i consensi nel 2004 con "Feels Like Home", che ha consolidato la sua popolarità.
Nel 2006 è entrata a far parte del progetto musicale "The Little Wiilies", in cui suona pezzi d'annata americani con alcuni suoi vecchi amici.



lunedì 26 maggio 2008

Enya



Utilizzo oggi parole non mie, ma giudizi di altri, per raccontare i tratti salienti della vita di una cantante che mi fa letteralmente sognare.
La musica celtica mi riporta indietro nel tempo , e mantiene intatto il fascino antico.

La musica di Enya è un'esperienza sensoriale, un viaggio nel tempo in cui il folk celtico si combina con un sound new age e striature di musica elettronica, accompagnate da una fantastica voce da contralto che utilizza la tecnica "multivocals" (per una sola canzone, infatti, Enya registra e sovrappone fino a cento voci, e il risultato è un coro polifonico degno dei più solenni canti gregoriani).
I testi, invece, sono quasi sempre affidati alla moglie del produttore Nick Ryan, Roma.

Enya è il diminutivo di Eithne Ni Bhraonain, cognome che in gaelico significa "figlia di Brennan".
E il gaelico è la prima lingua di questa compositrice, nata a Gweedore, Donegal, nel cuore d'Irlanda, in una famiglia di musicisti.
A diciotto anni, Enya, insieme ai fratelli fonda la band dei "Clannad", una delle istituzioni del folk irlandese con Chieftains e Pogues, ma alla metà degli anni Ottanta, quando la Bbc le chiede di scrivere un brano per un documentario a puntate sui Celti, lei ha già lasciato il gruppo.
Alla tv inglese manda una breve composizione.

La chiamano e le affidano tutti i 70 minuti della serie.
Enya è riuscita con il suo lavoro ad esportare la cultura della sua isola, il mistero dei celti, la magia di una cultura popolare fatta di miti arcaici e sacralità.
Il debutto discografico è con "The Celt" che scala subito le classifiche irlandesi arrivando anche al numero 1.
In tutto l'album Enya suona tutti gli strumenti e mostra la purezza cristallina del suo canto; tutti i brani sono ispirati alle storie e alle leggende celtiche, molto usato è il ricorso a fiabe infantili, seppur stravolte e trasfigurate.

L'importante collaborazione con la connazionale Sinead O'Connor, nell'album "The Lion and the Cobra" (in cui legge in irlandese un passo della Bibbia nella canzone "Never Get Old"), è il preludio alla definitiva consacrazione di Enya, che arriva nel 1988 con il suo grande capolavoro, "Watermark".
Litanie, cadenze religiose, percussioni africane, ispirazioni celtiche, cori gotici, atmosfere trascendenti e incantate, sintetizzatori sono i singoli elementi di questo disco che ha avuto grande successo di critica e di pubblico in tutto il mondo con più di 60 milioni di copie vendute.
Nel 1991 esce "Shepherd Moons" che conferma Enya nei panni della regina del filone celtico-new age.
Il successivo "Memory of Trees", lanciato dal singolo "Anywhere is", vince un Grammy Award nel 1996.

Complessivamente, però, si rivela un disco minore nella produzione di Enya.
Segue la sua prima antologia "Paint The Sky With Stars" e solo nel 2000 il nuovo album di inediti "A Day Without Rain", frutto di un lavoro lungo ed intenso per la cantante che qui, con la sovrapposizione multipla della sua voce, crea un coro in cui è lei l'unica corista.
Il "giorno senza pioggia" è "un diario emotivo e sentimentale", il cui titolo fa riferimento all'umore che aleggia in un giorno sereno senza pioggia, con chiari riferimenti all'atmosfera irlandese; con 15 milioni di copie in tutto il mondo è rimasto oltre 2 anni nella classifica di BILLBOARD.

Nel 2001 ENYA è stata l'artista che ha venduto di più nel mondo e nel 2002 ha vinto 3 World Music Awards come Best Selling Female Artist, Best Selling Irish Artist e Best Selling New Age Artist. e 3 Grammy Awards: Best New Age Album per "Shepherd moon", "The memory of trees" e "A day without rain".
Si è aggiudicata anche una nomination agli OSCAR per la miglior canzone con "May it be", essendo stata scritta e registrata per "Il signore degli anelli .
"May it be" ha vinto anche il Los Angeles Film Critics Association Award come migliore canzone ed è stata nominata agli Hollywood Golden GlobeAward.

Tutti gli incassi derivati dalla vendita del cd singolo americano di "Only Time" sono stati devoluti al fondo per le vittime dell' 11 settembre.
Il centro della sua musica il gaelico è il legame con la sua terra ,come ha spiegato lei stessa: "La mia base è sempre la musica celtica nella quale ogni tanto si insinuano la classica e il pop.
Parto sempre dalla melodia e mi lascio trasportare alla ricerca del modo migliore per esprimerla. Questo ha portato allo sviluppo delle mie sonorità, anche se in realtà non ho delle idee preconfezionate quando sono in studio. Ho solo una tela bianca sulla quale dipingere. Può venire fuori di tutto.

Oggi in Irlanda, a scuola si impara solo l'inglese. Vent'anni fa ci fu un abbandono di massa del gaelico, che veniva visto come qualcosa che ci separava dal mondo. Così sono rimaste poche comunità a parlarlo ancora. Ma quando torno a casa mia lo parlo abitualmente. E oggi c'è una ritrovata fierezza di essere irlandesi. Il mondo parla della nostra musica, dell'arte, della letteratura. E gli irlandesi si sentono considerati. Sono molto felice di questa attenzione, anche se credo che sia in parte frutto di una moda".

Polistrumentista e ormai abile esperta in tecniche di produzione, Enya ha però ancora un debole per il suo strumento prediletto, il pianoforte, e la religiosità ha guidato i suoi passi di adolescente ed ora la tranquillità, per lei, è un vero stile di vita: niente mondanità, nessun flirt da tabloid, pochissime le interviste e le apparizioni in tv.
Dice di non ascoltare molta musica e di preferire la compagnia maschile a quella femminile, ama i gatti, i film in bianco e nero e i viaggi, anche quelli con la fantasia; confessa di preferire un bicchiere di champagne a un boccale di irlandesissima Guinness.

Nel 2005 è uscito il suo ultimo lavoro “Amarantine”, sesto album dell'artista: altissima la qualità del prodotto, data dalla presenza ancora una volta di Roma e Nicky Ryan, i produttori e autori di sempre.
Questa volta non c'è il gaelico ma è presente il giapponese.
In più ci sono tre canzoni scritte in una lingua completamente inventata da Roma.
L'idea è nata quando Enya è stata invitata a partecipare alla colonna sonora del "Signore degli Anelli", in cui l'artista irlandese cantava in elfico.

E ascoltiamo un suo brano che non ha bisogno di presentazioni




Citazione del giorno:

"La felicità non è uno stato a cui arrivare, ma un modo di viaggiare."
(Anonimo)

sabato 17 maggio 2008

Franco Battiato



Battiato sta all’Italia come Zappa sta all’America.
Non sono in grado di delineare gli aspetti comuni meramente musicali.
Forse gli elementi che li legano sono l’utlizzo di imponenti composizioni orchestrali, la ricerca ad ampio raggio senza costrizioni in “categorie”, le cose ”complicate “ anche in epoche di easylistening.
Non ho le corrette conoscenze e competenze per un’analisi approfondita, ma mi capita di pensare a Franco Battiato e a Frank (il nome, altro elemento comune)Zappa , con la stessa riverenza.
Associo sempre il “nostro” Franco a composizioni ed esecuzioni di qualità.
Mi pare uno di quegli artisti che hanno assunto un’autorevolezza tale da zittire chiunque, da essere sempre accettato, a volte venerato.
Mi sembra un enorme sperimentatore(come lo era Zappa ), così come lasciava intravedere ai suoi esordi.
Ad inizio anni 70 era davvero complicato capirlo.
Io lo vidi nel mitico festival di Altare(SV), che tanto sapeva di Woodstock.
Si presentò sul modesto palco, con una testa alla Hendrix nei tempi migliori, ed era inascoltabile.
Niente di “cantabile” od eseguibile.

E' vero, allora facevo una musica con un suono distruttivo, esagerato, suicida. Ma c'è un'età in cui si entra come in un buco nero, e si è prigionieri di un ego istintuale, senza la consapevolezza di vivere.

In questi giorni di letture Zappiane, mi viene in mente di come Frank si fosse innamorato musicalmente di Edgard Varese e della sua “Ionisation”.
Ho provato a ascoltarla (è fruibile da chiunque on line) , ma non sono arrivato alla fine.
Questi sono i miei limiti !
Ho ritrovato Battiato nell’”Era del Cinghiale Bianco” e l’ho poi seguito con regolarità.
Bello il suo lavoro, da qualunque lato lo si prenda…..anche nella rivisitazione di pezzi antichi , di autori diversi( mi fa impazzire “Insieme a te non ci sto più”).
Riporto una breve biografia trovata in rete.

Nasce a Jonia (CT) il 23 marzo 1945
Terminate le superiori si trasferisce a Milano, ma i suoi tentativi d'inserirsi nell'ambiente musicale non sortiscono esiti soddisfacenti, al punto che – dopo aver partecipato nel 1969 al "Disco per l'estate" – egli sceglie di lasciare momentaneamente il mondo discografico.
Vi fa ritorno negli anni '70, quando decide di dedicarsi alla musica elettronica e sperimentale, dando vita per l'etichetta Bla Bla a LP quali "Fetus" (1972), "Pollution" (1973), "Sulle corde di Aries" (1973), "Clic" (1974) e "M.elle Le Gladiator" (1975) .
Passato alla Ricordi, egli dà alle stampe album come "Battiato" (1976), "Juke Box" (1977) e "L'Egitto prima delle sabbie" (1978).
In questo periodo, inoltre, si vota ad approfonditi studi musicali e comincia una lunga collaborazione con Giusto Pio, suo maestro di violino: nel frattempo, continua la sua iniziazione spirituale, che lo vede sempre più attratto dalle dottrine orientali.
La conversione alla forma-canzone avviene con il celebrato "L'era del cinghiale bianco" (1979), che inaugura la sua felice stagione per l'etichetta EMI; "Patriots" (1980) testimonia del suo nuovo interesse per il motivo colto ed ironico; ed il grande, meritato successo di pubblico arriva infine con "La voce del padrone" (1981), che s'insedia ai primi posti delle classifiche di vendita e vi resta per parecchie settimane.
I successivi "L'arca di Noè" (1982), "Orizzonti perduti" (1983), "Mondi lontanissimi" (1985) si muovono tra suoni campionati e violini ed ottoni orchestrali: molti i pezzi memorabili, da "Voglio vederti danzare" a "La stagione dell'amore" sino alla splendida "I treni di Tozeur", presentata all'Eurofestival con Alice.
"Genesi" (1987) segna il suo esordio nella composizione d'un opera lirica; la più matura "Gilgamesh" seguirà nel 1992
Altri suoi lavori importanti, tra la fine degli anni ‘80 e l'inizio del decennio successivo, sono "Fisiognomica" (1988, con le superbe "E ti vengo a cercare" e "L'oceano di silenzio"), il live"Giubbe rosse" (1989, dove esegue "Alexander Platz", "Lettera a un governatore della Libia" e "Mesopotamia", da lui mai incise in precedenza) e "Come un cammello in una grondaia" (con la sferzante "Povera patria" e l'intensa "Plaisir d'amour", assieme ad altri lieder di Wagner, Beethoven e Brahms).
Dopo aver licenziato "Caffè de la Paix" (1993) e "Messa arcaica" (1994) inizia, nel 1995, il suo sodalizio culturale con il filosofo Manlio Sgalambro, i cui primi frutti sono un libretto d'opera teatrale ("Il cavaliere dell'intelletto") ed il CD "L'ombrello e la macchina da cucire"(1995); a quest'ultimo, fanno seguito nel 1996 "L'imboscata" (con le bellissime "Strani giorni" e "La cura") e, due anni più tardi, il superlativo "Gommalacca" (1998), dove spiccano l'elegante "La preda" e la trascinante "Il mantello e la spiga".
Con "Fleurs" (1999) principia un progetto – proseguito con "Fleurs 3" (2002) – incentrato sulla rilettura di canzoni d'altri autori, tra cui Aznavour, Brel, De Andrè, Endrigo e Trenet.
Nel 2001 realizza "Ferro Battuto", disco d'inediti dove spicca una sorprendente versione di quella "Hey, Joe" portata, a suo tempo, al successo da Jimi Hendrix; è del 2003 il doppio dal vivo "Last Summer Dance", con una bella versione della cover di "Impressioni di settembre".
Da segnalare, ancora, il debutto nella regia cinematografica con "Perduto Amor" (2003), fantasticheria autobiografica ambientata tra gli anni '50 ed i '60, con un'ammaliante colonna sonora di brani d'epoca.
Nell'ottobre 2004 esce l'album "Dieci Stratagemmi".

Propongo due filmati.

Il primo e’ relativo a “La Cura”.

Secondo molti “La Cura” è semplicemente una delle più belle canzoni d'amore mai scritte, secondo altri è una canzone sull'abbandono e sulla assenza di una persona della quale non si può più fare a meno.

Ascoltiamola.


Ho trovato per caso questo secondo filmato del 1989.

Il brano è il famoso “Un Oceano di Silenzio”, da me già proposto sul blog in versione “Finardi”.

Un giorno, dopo uno di questi concerti che finivano con gesti di distruzione(riferito agli esordi legati alla sperimentazione elettronica), di rabbia, di violenza, capii che non volevo continuare su quella strada. Sono momenti che ti cambiano. Arrivi dentro un imbuto e hai bisogno di qualcosa che ti risolva la vita. Cerchi un'uscita terapeutica, senti il bisogno di cancellare il negativo”.

Senti il bisogno di silenzio.

Il contesto impreziosisce l’esibizione.
E’ il 1989 e Battiato suona con un’orchestra al cospetto di papa Wojtyla.
Momento davvero solenne.




Citazione del giorno:

"Se avete desiderato d'essere un uccello e di volare via, ricordate: dovrete imparare ad apprezzare i vermi." (Anonimo)

venerdì 16 maggio 2008

Suzanne Vega


Colmo un’altra mia lacuna raccontando qualcosa di Suzanne Vega.
Come al solito, il veicolo per queste mie “scoperte”è la lettura di libri a tema.
Suzanne è uno di quegli artisti di cui ho sempre sentito parlare senza poterla collegare ad un brano specifico.
Dopo aver annotato i nomi dei brani più famosi, si parte alla ricerca in rete ed ecco il solito:”…ah, era lei che cantava questa canzone!”
Luka”, che presento a seguire, è il classico esempio.

Qualche nota su di lei.
"Nella mia vita sono stata una baby-sitter, ho portato a spasso i cani, ho lavorato come animatrice di campeggio (insegnavo canzoni folk e disco dance), come rappresentante di cosmetici per la Avon (per una settimana circa), fattorina, bibliotecaria.Come costumista della compagnia teatrale del Barnard College ho lavato gli abiti di scena e ho stirato la tunica di Dio per i Drammi Storici".

Nel 1982 Suzanne Vega lavora come segretaria per l’ufficio stampa di una casa editrice; nel tempo libero si esibisce nei locali del Greenwich Village e, quando può permettersi il biglietto del pullman e una stanza di motel, in quelli delle cittadine dello stato di New York e del New Jersey. Armata solo di voce, chitarra e coraggio: nata in California nel 1959, un’adolescenza irrequieta nel quartiere portoricano di New York, convertita dalla danza classica al rock da un concerto di Lou Reed a cui ha assistito quasi per caso a diciannove anni( "Sognavo di diventare una cantautrice famosa"), racconterà in seguito, "per potermi prendere le ferie quando volevo e firmare ingaggi con qualunque college o locale che avesse voluto rischiare su di me".
L’understatement è probabilmente una delle chiavi del suo successo: di lì a quattro anni, farà registrare per due sere di fila il tutto esaurito alla Royal Albert Hall di Londra.
A forza di passaparola fra i fan e di recensioni lusinghiere sui giornali locali, si è conquistata l’attenzione delle major e un contratto con la A&M Records, e nel 1985 è uscito il suo primo album, "Suzanne Vega" (prodotto da Lenny Kaye, già chitarrista di Patti Smith): il successo è stato immediato e i critici l’hanno acclamata come capostipite di una nuova scuola folk femminile e raffinata.
Il secondo album, "Solitude Standing" (1987), trainato dal singolo "Luka" (la storia, raccontata in prima persona, di un bambino vittima di violenze familiari), scala le classifiche di tutto il mondo. Le canzoni di Suzanne Vega affascinano per il tono intimista e la potenza emotiva unite all’estrema sobrietà del suono e della struttura (il suo stile è stato paragonato al minimalismo di Raymond Carver); eppure sarà la rilettura in chiave dance di "Tom’s Diner" ad opera di un duo inglese a dare un ulteriore contributo al successo planetario del singolo pezzo e dell’album.
I successivi tre lp, "Days of Open Hand" (1990)," 99.9 F°" (1992) e" Nine Objects of Desire" (1996) non hanno eguagliato la popolarità di "Solitude Standing"; ma pubblico e critica continuano a riconoscere Suzanne Vega come una delle autrici più ispirate e influenti della scena cantautorale americana. Nel 1999 Suzanne Vega ha raccolto nel libro "The Passionate Eye" racconti più o meno autobiografici, canzoni inedite e poesie (che spesso legge sul palco nel corso dei suoi concerti: nell’autunno del 2000 ha tenuto addirittura un breve tour italiano di veri e propri reading poetici).
"Songs in Red and Gray", e’ uscito nel settembre del 2001.

Da un intervista di Paul Zollo.
Non mi piace l’idea che per essere un poeta devi startene in disparte e non puoi passeggiare per strada. La poesia dovrebbe essere parte della vita. Si dovrebbe mischiare tutto assieme.
Una volta ero in Texas, durante un tour, e la responsabile della casa discografica mi disse: ”Che ti andrebbe di fare?”, perché avevamo un pomeriggio libero. Io risposi:”Andiamo a fare shopping”.
E lei:” Oddio, che sollievo, allora sei una ragazza normale. Credevo fossi una poetessa. Credevo che fossi una musona, che saresti rimasta in camera tua a guardare fuori dalla finestra”. Era sollevata.
Sì, probabilmente sono una poetessa, ma sento davvero il bisognosi stare tra la gente, di osservare le persone e parlarci costantemente.

giovedì 15 maggio 2008

Anouk


Esistono artisti che si identificano con una sola canzone..... o meglio, di cui io conosco una sola, bella, canzone , e questo mi basta per tenerli in considerazione.
Probabilmente, se approfondissi, scoprirei che i frutti di un terreno fertile sono più abbondanti di una sola hit.
Nobody’s Wife” è una canzone che ha un’energia difficile da spiegare e nemmeno mi passa per la mente di inserirla in qualche categoria canonica.
Mi piace e basta.
Mi smuove e basta.
Per chi non conoscesse il brano, non resta che cliccare sul filmato a seguire ,e per chi non sapesse da chi è interpretato …bhe, sto parlando di Anouk.
Ma chi è Anouk?

Scrive ed esegue canzoni rock e pop.
È sposata con Remon Stotijn (alias The Anonymous Mis, frontman del gruppo hip hop Postmen) dal 16 marzo 2004, ed ha 3 figli.
Anouk ha cominciato ad avere la passione per la musica fin da piccola perché sua madre era (ed è) una cantante blues.
Cominciò a cantare nei Shotgun Wedding, incontrando così Barry Hay, cantante dei Golden Earring ed amico del suo ex marito Edwin Jansen).
Fin dall'inizio, sentendola cantare, Hay sostenne che Anouk avesse molto talento e decise di scriverle alcune canzoni; una di queste fu ” Mood Indigo”, scritta in collaborazione con George Kooymans (voce e chitarra dei Golden Earring).

In seguito incontrò Bart van Veen, il suo co-produttore che le scrisse alcune nuove canzoni.
Il 5 settembre, 1997, uscì il suo secondo singolo,” Nobody's Wife”, che rimase ai primi posti delle classifiche olandesi per un paio di settimane.
Il suo album di debutto “Together Alone”, uscito lo stesso anno, ebbe un grande successo.

Nel 1998, Anouk vinse due awards dalla stazione musicale olandese TMF (The Music Factory) e l'Edison Award.
Durante l'estate suonò in vari festival, compresi il Pinkpop e il Parkpop.

Il suo secondo album “Urban Solitude”, uscì nel Novembre 1999, con incluso il singolo “R U Kiddin' Me” (con il quale raggiunse la vetta della classifica olandese.)
Nel 2001 uscì il singolo” Don't”, e iniziò un tour per i Paesi Bassi.Nel marzo 2001 pubblicò il suo terzo album ” Lost Tracks”, contente versioni acustiche delle canzoni degli altri album e vari duetti con la cantante degli K's Choice, Sarah Bettens.
Vinse il Popprijs Award nel 2001 e un Golden Harp nel 2003.

Nel Novembre 2002 pubblicò il quarto album “Graduated Fool”, che è l'album più rock della carriera di Anouk, portandola a suonare al Graduated Fool Tour.
Nel 2004 pubblicò il suo quinto album,” Hotel New York”, da cui sono stati estratti quattro singoli: Girl, Lost, Jerusalem e One Word.
Il 1 settembre 2007, sul sito ufficiale della cantante è uscita la notizia del nuovo lavoro di Anouk , supportato da un tour nei primi mesi del 2008.

Ascoltiamo “Nobody’s Wife”





Le ultime parole famose:

"Sono stati girati 17 film sul Titanic, quasi tutti fallimenti. E molto probabile che questo seguirà la stessa sorte"( Los Angeles Time, quotidiano di Los Angeles il 19/071997)

martedì 13 maggio 2008

Pearl Jam


Considerati la seconda più importante band del grunge, dopo i Nirvana, i Pearl Jam sopravvivono alla fine di questo genere, sancita dalla morte di Kurt Cobain (a cui sembra riferirsi il testo della canzone "Immortality", sul terzo album "Vitalogy") e divengono una delle più importanti rockband degli USA, pubblicando dischi molto legati al rock degli anni '70 che, seppure ottimi, non raggiungeranno mai le vette dei primi due album.
L'impegno politico è stata una caratteristica dei Pearl Jam degli ultimi anni, soprattutto in opposizione al neoconservatorismo di George W. Bush.
In molti hanno li hanno accusati di opportunismo, di essere cioè saltati sul carrozzone del “grunge” - quando questo si è dimostrato lo scossone più significativo del rock di inizio anni Novanta - con un paio di pezzi (“Alive”, “Even Flow” e “Jeremy”) particolarmente adatti al gusto facile e leggero di Mtv, che infatti ha suppertato la band sin dai suoi esordi.
Altrettanti però - se non di più - sono quelli pronti a giurare sulla totale, assoluta e indiscutibile buona fede della band di Eddie Vedder, Jeff Ament e Stone Gossard.
Particolarmente la voce di Vedder pare essere uno dei veri segni “forti” del decennio Novanta, oltre che - anche per le sue evidenti e mai celate parentele con i Led Zeppelin - uno dei lasciti più significativi dei grunge.
Alternativi? Sì, nella misura in cui in quel momento l’alternativa passava (anche) attraverso una quadratura perfetta di punk, rock anni Settanta e il nuovo rock di band allora ai loro massimi come Rem e Pixies.
Estremamente politicizzati e sempre “dalla parte del pubblico” (celebre il loro coraggioso boicottaggio della società di management ed organizzazione concerti Ticketmaster), i Pearl Jam sono ancora oggi in attività e sono evidentemente destinati a divenire dei classici senza tempo.

Ed ecco un brano fantastico..."Alive"



Citazione del giorno:

"Gesù fu il primo socialista,il primo che cercò di ottenere migliori condizioni di vita per tutta l'umanità"(Gorbaciov)

lunedì 12 maggio 2008

Musica ad Arenzano (3 maggio 2008)



Sabato 3 maggio ho assistito ad una bella serata di musica e cerco di descriverla.


Il luogo

Arenzano e’ un paese della riviera ligure, al confine tra la provincia di Genova e Savona (a pochi km da casa mia).
E’ molto frequentato dai turisti in cerca di mare e sole e anche sabato, grazie al lungo ponte del 1 maggio, le strade risultavano piene di gente, nonostante la stagione migliore debba ancora iniziare.

Il contesto


Lo spazio dedicato al concerto e’ una specie di Teatro all’aperto, che ben si presta a concerti di dimensioni contenute..
Il nome è “CINEMA ITALIA ARENA ESTIVA “.

I protagonisti


Di scena due cover band.

Led-n-Roll , tributo ai Led Zeppelin.

Beggar’s Farm, tributo ai Jethro Tull

A impreziosire la serata, la presenza di Clive Bunker.

Prima di fornire le mie impressioni vorrei divagare un po’ pensando a Clive.
Io credo che nessuno dei protagonisti visti sul palco potrà offendersi se cerco di evidenziare una figura che, per molteplici ragioni, merita rispetto particolare.
Franco Taulino, leader dei Beggar’s , inizia il concerto ricordando a tutti che Clive era uno dei primi Tull, e a distanza di molti anni rappresenta ancora l’antico marchio di fabbrica... e forse anche un po’ di futuro.
A più riprese arrivano i flashback,uno su tutti il ricordo del tour che Led Zeppelin e Tull fecero insieme, ovvero l’immagine di due “monumenti” che hanno fatto la storia della musica rock,storia che in quel momento era in parte davanti a noi, nei brani riproposti dalle band, ma soprattutto nella figura in carne ed ossa di Bunker.
Quando penso a lui o a Glenn Cornick, artisti visti all'ultima Convention dei Tull, e con cui sono riuscito a farmi fotografare,non posso fare a meno di ripercorrere la mia vita musicale.
Per quelli della mia generazione, amanti della musica rock,ci sono momenti significativi da cui non si può prescindere.
Ci sono dischi cardine, concerti memorabili, svolte incontestabili.
In questo percorso inserisco tre eventi che ho vissuto solo di riflesso, ma che ho rivisto più volte in video, di cui ho letto a più riprese e su cui ho sempre fantasticato.
Parlo dei grandi festival: Monterey ,Woodstock e Wight.
Ecco, vedendo Clive sul palco, sapendo della sua disponibilità e della sua voglia di fare musica( a 61 anni), non posso fare a meno di pensare :”Cavolo, lui era sul palco dell’isola di Wight!!!”
E in questa sera di musica ligure, si esibisce davanti ad un “piccolo” pubblico, forse per il solo piacere di suonare e stare in mezzo alla gente.
Grande esempio di professionalità e di disponibilità.
Sul fatto di “tenere bene il palco”…. diamo un’occhiata al filmato di “Locomotive Breath”, dove propone un lungo e articolato assolo, e troveremo risposta.
Io ero li per i Beggar’s Farm, perché il mio amore musicale della vita si chiama “JethroTull”, perché avevo già visto il gruppo alla Convention, ( ma senza Taulino indisposto), perché conosco Andrea Vercesi, sul palco alla chitarra acustica.

Ma i primi a salire sul palco sono i Led-n-roll.
Molti dei ragazzi presenti erano li per loro.




Rubo dal loro sito ( www.led-n-roll.it) la succinta biografia .

Led-n-Roll nascono per la volontà di quattro musicisti che da sempre amano la musica dei Led Zeppelin. Renato Pastorino - chitarra, Mauro Vigo - batteria e Fabio Cecchini - basso sono un trio collaudato da anni e con esperienze comuni sia nella storica cover-band dei No Name che nella seguitissima tribute-band degli Outside The Wall - entrambe tuttora in attività nel panorama live. A completare i Led-n-Roll è il cantante Roberto Bruccoleri che vanta esperienze importanti nel metal-prog con la band Projecto e collaborazioni con gruppi e maestri di alto livello. Nell'autunno del 2007, all'insaputa dell' imminente reunion dei Led Zeppelin, Renato, Mauro, Fabio e Roberto danno vita al gruppo. Il nome Led-n-Roll è diretto e immediato come i brani che hanno selezionato dai primi 5 album della band inglese, la famosa Atlantic Era.In poco più di due mesi realizzano un live show supportato da scenografie, video e l'utilizzo degli stessi strumenti musicali.


Li seguo con attenzione e filmo qualche spezzone.

Per me non è un tuffo nel passato, perché ascolto regolarmente alcuni pezzi primi quattro album targati Zeppelin.
Ma la cosa che più mi stupisce ,quando mi trovo in simili situazioni , è la freschezza di certi riff ,di cui non ci si stancherebbe mai.
Quella che i miei figli definirebbero “operazione nostalgia”, credo sia soltanto la certezza che certa musica non può morire, e non perché sia un patrimonio da conservare ad ogni costo, ma perché è sempre attuale e sa dare degli input ineguagliabili.
Sul palco le immagini in sottofondo, il gioco di luci, la repentina “nascita” di fumi colorati, riportano ad atmosfere davvero emozionanti.
Loro ripercorrono brani dei primi album , ed il pubblico li segue con partecipazione (con qualche sollecitazione del bravo chitarrista Renato Pastorino).
Dalla mia angolazione di puro appassionato, riesco a captare ciò che di bello questo gruppo e’ in grado di dare on stage, con buona perizia tecnica, e grande capacità di catturare l’attenzione totale.
In tanti chiedono Moby Dik, mentre Roberto Bruccoleri risponde ironicamente “...e quieta!!!!.”
Ma alla fine Moby Dik arriva, mentre i fans più scatenati si dimenano davanti al palco.
Da rivedere.

A seguire i Beggar’s Farm


La scaletta si divide tra i classici, come Boureèe, Aqualung, My Sunday Feeling, Living in the Past, My God (brani sempre presenti nei concerti dei Tull maggiori) e pezzi meno proposti, come Wind Up o Huntin Girl.

Sono bravi, non c’e’ che dire, e per la seconda volta apprezzo le qualità del chitarrista Marcello Chiaraluce, che a volte ripropone passaggi cloni del disco (a me pare una qualità).

Franco Taulino guida il gruppo, alternando la voce al flauto, strumento che ad un certo punto del concerto sembra tradirlo, nell’amplificazione. Questo contrattempo lo costringerà a suonare vicino al microfono, limitandone i movimenti, ma il fastidio ovvio non si ripercuoterà sul risultato finale. E poi Clive su tutti, col suo ritmo frenetico, che probabilmente costringe la band ad accelerare più del dovuto.


Locomotive Breath, nel corso del bis, è confezionata per lui.

Il pubblico è preparato al topic moment, perché è stato annunciato in precedenza dai Led-n-Roll.

Clive parte, rullate, passaggi rapidi e… un po’ di ironia con testate simulate verso i “piatti”.
Grande Clive!


Il concerto è finito e Andrea insiste per portarmi da zio Clivio (è chiamato affettuosamente così dai più intimi). Lui e’ attorniato da fans e sono tentato di non aggiungermi alla fila. Mi decido, gli stringo la mano e gli dico:”Ci siamo conosciuti lo scorso anno e... lui fa finta di ricordare, mentre fuma una sigaretta e chiede una birra. Se questi sono i risultati, qualche vizio glielo possiamo lasciare!!!
E guardiamo i filmati

Led-n-roll

Beggar's Farm


Clive Bunker