mercoledì 20 febbraio 2008

John Mayall


E oggi si ritorna al blues.
Ho già trattato più volte l'argomento e per quanto riguarda l'artista di oggi, John Mayall, sul blog sono disponibili le mie sensazioni legate al concerto a cui ho assistito quest'estate.
John Mayall è stato uno dei più grandi divulgatori di blues moderno in Gran Bretagna.
I suoi Bluesbreakers hanno funzionato da accademia del genere, sfornando musicisti di prima grandezza, come i chitarristi Eric Clapton, Peter Green e Mick Taylor, i bassisti Jack Bruce e John McVie e i batteristi Aynsley Dunbar e Mick Fleetwood.
Con la sua band in continua mutazione é stato il faro ed il generoso maestro di quanti hanno cambiato il corso della musica inglese.
Festeggiato di recente come un'icona, dopo una carriera decennale che lo ha consacrato fra gli uomini-simbolo del Blues, John Mayall è, insieme ad Alexis Korner, il più rappresentativo esponente inglese di questo genere musicale.
Nato il 29 novembre del 1933 a Macclesfield ha studiato arte a Manchester e ha cominciato a suonare boogie woogie al piano quando aveva tredici anni. Secondo una sua stessa confessione la molla che lo spinse a fare della musica una professione fu l'ascolto di un pezzo di Muddy Waters, in cui il geniale chitarrista di colore esprimeva come solo lui sapeva fare tutta l'anima struggente e malinconica del Blues.
Ma la strada per diventare un musicista professionista era decisamente in salita.
Dopo essersi arruolato nell'esercito ed aver passato un periodo in Corea, nel 1961 fonda il suo primo gruppo chiamato prima "Powerhouse four" e successivamente "Blues syndicate".
Nel 1962 si trasferisce a Londra dove forma un nuovo gruppo chiamato "The Bluesbreakers" di cui faceva parte anche John McVie, futuro fondatore dei Fleetwood Mac.
Il primo disco "Crawling up a hill", un 45 GIRI, viene inciso nel 1964 mentre l'anno dopo esce il primo album "John Mayall plays John Mayall". In quello stesso anno porta nel gruppo un ancor giovane Clapton, che aveva lasciato gli Yarbirds poco prima, ed insieme incidono l'album "John Mayall with Eric Clapton" riconosciuto come un dei migliori dischi dell'allora emergente Blues bianco.
Nel frattempo entra nel gruppo anche il bassista Jack Bruce e, dopo l'abbandono di Clapton, fa ritorno John McVie.
Poco dopo entra però nel gruppo anche Peter Green per incidere "A Hard Road", album dalle intense atmosfere: uno dei suoi più riusciti. Tuttavia i rapporti fra i musicisti non sono dei migliori e in sala d'incisione serpeggia una certa inquietudine. Uno stato di tensione che si riversa nel criticato "Blues alone" che John Mayall registra in un solo giorno senza i Bluesbreakers.
Il musicista si riscatta con "Thru' the Years" che racconta i primi anni di Mayall e riporta alcuni pezzi inediti, oltre che l'ultima collaborazione con Green (il quale emigra nei "Fleetwood Mac").
Lo sostituisce Mick Taylor, futuro membro dei Rolling Stones, subito utilizzato per "Crusade". Del 1968 è il doppio album "Diary of a band" che segue la tournée dell'anno prima.
Nascono altri problemi proprio nella band e Mayall scioglie di nuovo il gruppo trasferendosi a Los Angeles dove nel 1969 incide "Blues from Laurel Canyon". Anche Taylor abbandona. Mayall si ritrova in mano una band allo sbando e decide di effettuare una revisione radicale dell'organico. Toglie batteria e chitarra elettrica e inserisce un sax. Con questa formazione incide due titoli "The turning point" (1969) e "Empty rooms" (1970), dischi fortemente influenzati dal jazz. E' un periodo di grande popolarità, anche grazie a pezzi come "Room to move", nei quali si esibisce con l'armonica.
Instancabile, vulcanico, sull'onda del successo crea un nuovo gruppo in cui ancora una volta manipola l'organico, aggiungendo un violino, alla ricerca di nuove sonorità. Il risultato è il doppio album "Back to the Roots" nel quale compaiono anche molti ex compagni.
Nel 1972 registra in diretta "Jazz, Blues, Fusion" e "Moving on", entrambi assai apprezzati dalla critica.
L'anno dopo è la volta del meno riuscito "Ten Years are Gone", il primo passo verso una serie di lavori senza mordente e di scarsa personalità.
John Mayall, in cerca d'ispirazione, se ne va dunque a New Orleans, la patria del jazz, dove insegue nuovi progetti e nuove mescolanze sonore, i cui risultati sono ancora oggetto di dibattito tra i fan. La verità è che la sua vera strada è il Blues, quello è il suo marchio di fabbrica e quello è il genere che si porta nel sangue. Torna allora all'antico amore e i risultati si vedono immediatamente.
Incide due nuovi album che riconquistano i fan: "Chicago line" e "A sense of place", di grande slancio e pregevole fattura. Nel 1993 ritorna con "Wake up call", disco dalle atmosfere più ricercate e moderne. E' il momento del suo grande riscatto dopo un lungo periodo di appannamento.
Nel complesso si può dire infatti che negli anni '90 John Mayall ha pubblicato diversi album che si pongono allo stesso livello dei suoi capolavori se non - come sostengono alcuni - di qualità ancora più alta, perlomeno per i nuovi orizzonti che aprono ad una musica dalle nobili tradizioni come quella Blues.

Ed ora spazio alla musica.






1 commento:

Anonimo ha detto...

come emerge dal tuo commento..uno dei grandi meriti del vecchio bluesman,padre del blues inglese, è di aver valorizzato dei grandi talenti...tra questi Peter Green,una mia grande passione,da sempre il mio chitarrista preferito ,una leggenda..un mito per tanti chitarristi..Un anno fa,la LickLibrary pubblica un doppio DVD,"Learn to play Peter Green" a cura del talentuoso freelance guitarist Michael Casswell che si ispira alle musiche ed allo stile dell'ex leader dei Fleetwood Mac...un DVD interessante per tutti,particolarmente per gli addetti ai lavori
http://it.youtube.com/watch?v=_8Pc3mNHEH0