giovedì 20 settembre 2007

E venne il giorno di Patti Smith ( 6 luglio 2007)



"Grazie per avermi accolto tra di voi. Questa serà dormirò vicino al mare e domani canterò per voi"

Era il 6 luglio, quando nello splendido scenario della Fortezza del Priamar ascoltavo, per la prima volta dal vivo, Patti Smith

Ecco un po’ di commento…
Da due ore è terminato il concerto di Patti Smith e di getto butto giù le mie impressioni.

Inizio dalla fine, dal primo bis, da quel “A Perfect Day” del di lei amico Lou Reed, una canzone che da un paio di mesi è diventata per me l’esemplificazione di come l’apparente semplicità di quattro accordi, una bella melodia ed un testo importante, possano dare il senso ad una giornata mediocre.

“La giornata perfetta “è quella che Patti racconta di aver passato a Savona, accarezzando il mare e assaggiando del buon pesce.

Sembra quasi innamorata della nostra città, anche se nelle parole del presentatore c’è uno strano abbinamento tra l’impressione positiva ricevuta e il giro nel nostro Comune (inteso come palazzo di chi governa il sito).

Bizzarie della comunicazione… o cattiva predisposizione all’ascolto.

Lo stesso presentatore cita una vecchia frase raccolta dal chitarrista di Janis Joplin il quale asseriva che Janis, una volta ascoltata, non si sarebbe mai più dimenticata.
Tale concetto era ora trasportato su Patti, ed io mi sono trovato a sperare fermamente che fosse vero.

Ci sono ancora posti vuoti quando il gruppo entra e lei appare con grande semplicità.

Sono abbastanza lontano per distinguere i particolari e dalla mia posizione lei appare molto… molto più giovane.

Il fisico è sempre asciutto e i capelli sembrano meno bianchi di qualche anno fa.
Si muove come se il tempo non fosse passato e dalle prime note rilevo un fatto che mi soddisfa appieno.

Le vecchie star che si riuniscono o che comunque proseguono da molti anni, quelle dell’età della Smith intendo, presentano forti lacune proprio dal punto di vista vocale.
Lei no, è sicura, chiara nel timbro, e per un attimo, chiudendo gli occhi, ho risentito quella stessa identica voce che mi aveva colpito negli anni ‘80, quando Patti era catalogata nella sezione punk.

Il gruppo che la accompagna mi sembra inizialmente un mero contorno.
In realtà ho assistito ad un interscambio continuo di strumenti come mai avevo visto.

In tre hanno ruotato più volte chitarre, basso e tastiere, mentre il batterista, nell’ultimissimo pezzo, “Helpless” di Neil Young, ha sfoderato la sua competenza su una piccola fisarmonica.

Lei ha preso per mano il pubblico… quasi da sola.

Ha presentato i suoi pezzi più conosciuti, “Because the Night”, “Dancing Barefoot”, “People have the Power” nel penultimo bis e ha trascinato con alcune cover.

Ho captato il riff di “Voodo chile” di Hendrix, un paio di volte “Gloria” di Van Morrison, cantata assieme al pubblico e… “Gimme Shelter” degli Stones.

Con quest’ultima, suonata più o meno a metà performance, il pubblico ha cambiato assetto e la cosa non mi ha entusiasmato.

Mi riferisco al fatto che non è più’ stato possibile seguire da seduti un concerto non certo a buon prezzo.

La voglia di muoversi e staccarsi dalla comoda postazione è un buon segno, apprezzabile e condivisibile, ma… non ho più visto niente.

Mi piace seguire i movimenti sul palco, ricercare gli sguardi, i gesti tecnici, le sfumature, la completa dinamica del concerto.

Questa sera tutto questo mi è un po’ mancato.

Non mi sono mancate però le forti emozioni, le atmosfere rarefatte, il ritmo marcato tipico del rock ed una voce incredibile.

Lo smalto è intatto e alla fine mi è risultato chiaro il motivo per cui l’aspetto giovanile di Patti Smith mi abbia colpito così tanto: la sua voce inossidabile, unitamente alla sua immagine così fresca, rappresentano la speranza che io possa godere ancora per molto tempo questo rock che nessuno riesce a proporre come i “vecchi” miti della mia giovinezza, ancora sulla cresta dell’onda.

Lei saltella sul palco, sputa come solo in Corea mi è capitato di vedere, strappa le corde della stratocaster e distribuisce poesie e pensieri, dialogando col pubblico e sorridendo dolcemente.

Ricorda a tutti, ripetutamente, che “il potere è nelle mani della gente”, e il suo messaggio antico si interseca con la proposta della serata, col tema della solidarietà, con il ruolo “delle donne nel mondo”.

“People have the power… è questo l’ultimo pensiero, dapprima sussurrato e poi urlato a tutta voce.

Il concerto mi ha toccato pancia e cuore… forse nervi, ma poca testa, e questo urlo finale, questo evidenziare il ruolo e l’importanza della gente, ha rappresentato per me l’apice della performance che niente aveva da spartire col vero messaggio di Patti.

Questo è il mio modo di vivere i concerti, con trasporto e autocritica.

Però è stato un sollievo osservare tanti personaggi autorevoli davanti a me, dapprima super composti e via via che il tempo passava trasformati, scalmanati, col sorriso vero dipinto sulle labbra.

Sto parlando di autorità locali, ingessate dal ruolo istituzionale, ma disinvolte tra il buio imperante.


Magia della musica, magia del rock. Stasera, magia di Patti Smith.


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